di Salvatore Fiorentino © 2023
Dopo lo scoramento seguito all’euforia (tragicomica) della stagione dei cinque stelle, il “popolo”, questo sconosciuto, non trovò di meglio che appendersi agli stivali dei post fascisti. In effetti, dopo la sbornia dell’anti-politica quale panacea di tutti i mali, pareva evidente la necessità di un ritorno alla “politica”, dato che i tecnocrati, anche blasonati come Mario Draghi, avevano fallito mostrando tutti i limiti di una leadership priva di mandato popolare. Il problema, tuttavia, era trovare ancora in giro qualcuno che non avesse dimenticato cosa fosse la “politica”, dato che pressoché tutti i partiti l’avevano da tempo archiviata per seguire altre strade, spesso intrecciate con affari e logiche di potere èlitarie se non del tutto personali, di fatto recidendo le radici di ogni tradizione e rinnegando i valori per cui milioni di persone si erano mobilitate, credendo e combattendo senza riserve.
Basti pensare alla parabola declinante del maggior partito della sinistra, il Partito Democratico, che avrebbe dovuto tenere alta la stella dei lavoratori, del lavoro, ossia di una società basata su principi di solidarietà ed equità, non certamente su quelli antitetici dello sfruttamento e della divaricazione delle differenze sociali ed economiche, condannando intere generazioni alla precarietà stabile e intere regioni al sottosviluppo perenne. Di stelle poi se ne affacciarono persino cinque nell’empireo italico, e non si comprende se sia stata una velata e allo stesso tempo ridicola parodia della famigerata stella a cinque punte che imperversò in altre epoche, rivendicando un ruolo salvifico che invece non fu altro che mortifero, conclusosi con la cooptazione del potere per usi strumentali contro il popolo. Sicché in Italia chi si presenta come rivoluzionario va subito catalogato come reazionario.
Di grottesco in grottesco si arriva al governo di una destra tanto improbabile quanto zeppa di complessi di inferiorità, sul piano culturale, politico e istituzionale. Perfetta, quindi, come nuovo soggetto da manipolare a piacimento per prestare il volto a quel potere che non si mostra mai, che non abita le stanze delle istituzioni, ma le condiziona senza ritegno, le plasma alla bisogna, senza soluzione di continuità, dai più alti vertici dello Stato sino ai più sperduti consessi preposti all’amministrazione della res publica (si fa per dire). In questa galleria degli orrori trovano terreno fertile tutte quelle comparse che affollano, sgomitando e calpestandosi a vicenda, il sottobosco della “politica”, meglio noto come “sottogoverno”, vero e proprio sottopancia di un potere bulimico, onnivoro e spregiudicato, accecato come un’orda barbarica dall’obiettivo di sgraffignare quanto più possibile finché dura la pacchia.
Una destra che ciarla di Patria e di Nazione, ma che poi scardina l’unità nazionale per dare la paghetta a quel nulla di buono (politicamente parlando) di Matteo Salvini, con l’autonomia differenziata, un ossimoro tale che persino il ministro della sanità cooptato dai Fratelli coltelli si rivolta nella barella, dato che un posto in corsia è ormai un miraggio anche per lui (ma si potrà pure permettere l’intra moenia o no?). Una destra che, sempre coi toni della commedia all’italiana, ricrea atmosfere da Watergate all’amatriciana, utilizzando notizie riservate per (tentare di) colpire un’opposizione che è già di suo (politicamente) cadaverica, fulminata dal cortocircuito del garantismo a corrente alternata, quello per cui invece che rendere la giustizia e le carceri degne di un Paese che fu la culla del diritto ci si limita a far visita ai carcerati, soprattutto quelli eccellenti (Cuffaro aveva la fila).
In questo marasma, non resta che lanciare il grido d’uso: “si salvi chi può!”. E chi non può? (pazienza, è la democrazia bellezza). Ed ecco che appare necessario invocare qualcosa che assomigli al Diluvio Universale (politicamente parlando), di modo che si possa ripartire da zero, alias tabula rasa, visto che allo stato attuale, con la fauna politica che popola il teatrino all’italiana (ma in Europa non stanno certo messi meglio di noi), non c’è più modo di coltivare neppure la più larvata speranza. Le abbiamo provate tutte, da Berlusconi a Prodi, da Grillo a Meloni, tecnocrati a parte visto che non fanno testo, ma va sempre peggio. Così peggio che molti, ormai più della metà, hanno rinunciato e sempre più rinunceranno persino ad esprimere il proprio voto alle elezioni, considerate niente più che una farsa. Sempre che si trovi in giro un Noè, stavolta sarà meglio che l’arca parta vuota.