di Salvatore Fiorentino © 2020
L’ennesima assoluzione giudiziaria (in appello) di Virginia Raggi, in vista delle prossime elezioni per Roma capitale, getta nello sconforto quanti, amici e compagni più che nemici e avversari, attendevano l’esito infausto e la conseguente fine della carriera politica della sindaca, una stella che ormai brilla da sola nel firmamento quanto mai oscuro e angusto della politica italiana. Le sue prime parole dopo il pronunciamento del dispositivo della sentenza sono pietre tombali per quello che è ormai rimasto del Movimento Cinque Stelle, il simulacro di ciò che doveva e, soprattutto, poteva essere.
C’era una volta il M5S, c’erano una volta gli ideali di “cambiamento”, di “diversità”, rispetto alla degenerazione della politica e dei personaggi che la popolavano e che la affollano tutt’oggi. Uno degli slogan principali dei grillini era: “l’onestà tornerà di moda”. Ma si vede che, come tutte le mode, era un fenomeno transeunte, destinato a dissolversi nel momento in cui ci si accostava ai “professionisti” della questione morale, della “antimafia”, a coloro che per fonte battesimale erano da tempi immemori “i migliori”, i meritevoli senza competizione, gli eletti senza consenso.
Oggi Virginia Raggi può guardare dritto negli occhi chi, in questi quattro anni di esperienza amministrativa, ha cercato in tutti i modi, ignobili a più non posso, di spodestarla dalla tolda di comando di Roma capitale, sino ad allora “Mafia capitale”, a prescindere se a guidarla fossero i Rutelli, i Veltroni o gli Alemanno. Ma ad abbassare lo sguardo saranno in primo luogo i pentastellati che si sono ritrovati a loro agio avvolti nella calda coperta del potere e della quale non possono fare più a meno, divenendo persino peggiori di chi il potere lo coltiva da sempre non nell’interesse dei cittadini.
Mentre i Di Maio, i Fico, le Taverna e compagnia bella, scoprivano quanto fosse esaltante sedere sulle poltrone vellutate, subendo persino una metamorfosi fisiognomica ed accusando una sofisticazione nei costumi, Virginia Raggi non mutava di una virgola il suo stile, né radical chic né volgarmente popolare, ma distinto da una sobria eleganza, nel modo di pensare, di parlare ed agire, che non ha mai ceduto né alle pressioni e alle minacce, né alle campagne denigratorie portate con ogni mezzo. Uno stile che ha utilizzato la comunicazione solo per riferire quanto veniva realizzato.
A chi pretendeva che i problemi di Roma si risolvessero in un giorno, Virginia Raggi ha contrapposto il suo lavoro tenace e quotidiano, asfaltando strade, riqualificando periferie, restituendo alla città aree verdi e spazi urbani, portando la pubblica illuminazione in quartieri che ne erano da sempre privi, potenziando gli asili nido e i servizi sociali. Ha messo alla porta palazzinari e speculatori, nonché i promotori delle opere pubbliche faraoniche nate per restare incompiute; ha fermato lo spadroneggiare dei mafiosi come gli Spada e i Casamonica. L’onestà della sindaca è nei fatti.