La repubblica delle fragole (di Platone)

di Salvatore Fiorentino © 2021

Le “fragole sono mature”, ha scritto Beppe Grillo, ormai da tempo esausto, sin da quando spronava Luigi Di Maio ed i suoi a varare il governo con il PD, il Conte II, esaltando il processo di biodegradazione politica del M5S, verso un futuro sostenibile per i giovani. La tesi, certo suggestiva, era che il PD dei corrotti si sarebbe purificato grazie all’alleanza con i pentastellati, che avrebbero agito da principio attivo in questo processo di depurazione. Adesso la giustificazione per il sostegno al governo Draghi è criptica e come tale in grado di convincere gli ingenui e gli spiriti nobili che ripongono ancora fiducia incondizionata nel profeta dell’onestà, ma non chi ha conservato un minimo senso della ragione.

Quando accade che chi veste i panni del rivoluzionario – e lo vediamo anche nelle realtà locali – si “biodegrada” assumendo l’abito del restauratore, le spiegazioni sono essenzialmente due: o chi ha condotto (ed illuso) il popolo verso la terra promessa era in malafede sin dall’inizio, oppure si è “corrotto” cammin facendo. Nel primo caso il compito del falso rivoluzionario era quello di riportare il dissenso e la protesta, ormai incontrollabili dal “potere”, entro l’alveo di un corso degli eventi che da turbolenti volgessero progressivamente entro un fluire ordinato e regimentato; nel secondo caso il rivoluzionario si è reso disponibile alle richieste/minacce del “potere”, dall’adulazione al ricatto.

Quando poi si citano i filosofi della classicità (Platone su tutti), come ha fatto Beppe Grillo per darsi un’aura di culturalità e fare digerire la sua linea politica ad alcuni esponenti riottosi (si veda il professore di filosofia Nicola Morra, tentato di varcare la linea del dissenso, ma trattenuto dal formidabile collante della prestigiosa poltrona di presidente dell’antimafia che averebbe altrimenti dovuto cedere), vuol dire che si è alla frutta, ed in questo caso tutto torna, visto che “le fragole sono mature”. Ripetuto due volte, non si sa mai che qualcuno non lo volesse intendere. Sicché dalle ormai famigerate banane siamo passati alle più aggraziate fragole, col marchio di qualità di Platone (e della sua repubblica).

Ma serviva un personaggio come l’osannato Mario Draghi per riportare alla ribalta le effigi del berlusconismo d’annata, quali i Brunetta, le Gelmini e le Carfagna? E secondo il presidente Mattarella questo sarebbe l’alto profilo? E che dire dell’arma segreta di Beppe Grillo, il superministero della transizione ecologica? Affidato ai Cinque Stelle? Certo che no! Mentre attendiamo la revoca (Godot) delle concessioni autostradali ai Benetton dipinti come assasini assetati di profitti, ancora abbiamo impresse nella mente le giravolte mortali dei pentastellati (no TAV-si TAV, no TAP-si TAP, no ILVA-si ILVA) in nome della realpolitik a cinque stelle. Ma allora che bisogno c’era del cambiamento? Bastava votare Mastella & Co.

La fotografia del nuovo governo è impietosa. Tutti prendono le distanze. Ciascuno per sé e dio per tutti. L’immagine ben raffigura la siderale distanza che c’è tra il popolo e il “potere”, tra questo “potere” che si moltiplica a dismisura e la democrazia. Consultazioni, dibattiti, comunicati, sembrano oggi più che mai la falsificazione della verità apprestata da un regime che vuole perpetuarsi nonostante tutto. La sensazione, sempre più forte, è che i protagonisti che appaiono con il loro volto non siano che pupazzi in mano a chi manovra i fili di un sistema che è sempre più occulto e sempre più antidemocratico. A ciascuno viene assegnata la parte da recitare, di un copione scritto da chi sta sempre dietro le quinte.

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