La sesta stella

di Salvatore Fiorentino © 2021

Dal giorno in cui il direttore de “Il Fatto Quotidiano” ha scoperto che sembrava un “MoVimento” ma era un calesse da prima repubblica riverniciato, ha riacquistato il senno, al contrario di quell’Orlando furioso che per un tradimento lo aveva smarrito sulla Luna. Così, senza alcun Astolfo, ha recuperato la sua proverbiale capacità di analisi, mettendo subito il dito nella piaga purulenta che nessun altro ha voluto neppure vedere: il governo dei “competenti” è per metà formato da ministri del precedente governo degli “incompetenti”. Nonché rinforzato, si deve aggiungere, da ministri di sperimentata competenza come Brunetta (non quella dei “Ricchi e Poveri”), la Gelmini (quella che ha “riformato” in peius la scuola) e la Carfagna (no comment per carità di genere).

Si è poi appreso che il mirabolante giocattolo promesso agli iscritti sulla piattaforma playstation “Rousseau”, il superministero per la transizione ecologica, è stato affidato ad un tecnico vicino a Renzi, che difatti ha già nominato quali più stretti collaboratori figure che gravitano attorno al bulletto di Rignano nonché – manco a dirlo – a Confindustria, ossia non proprio il massimo auspicabile in tema di ambientalismo e “sviluppo sostenibile” tanto caro al M5S ed ai suoi attivisti. Quelli stessi che, da utili idioti, auto-raggirati da un quesito la cui ingannevolezza era visibile anche ai non vedenti, hanno votato a favore del sostegno diretto al governo Draghi. E’ nata la sesta stella del MoVimento, quella a cui un Salvini sempre più simile a Ridolini vuole intestare il ponte di Messina: Lui (Mario Draghi).

Il gioco dei paradossi è una delle tecniche più elementari della comicità per indurre il riso del pubblico e Beppe Grillo ha dimostrato di essere maestro indiscusso in materia. Passino i “No Tav-Si Tav”, “No Tap-Si Tap”, “No Ilva-Si Ilva”, passi la revoca delle concessioni autostradali ai Benetton rimandata sine die, passi “Mai col PD-Sempre col PD”, “Mai con Berlusconi-Adesso con Berlusconi”, ma spingersi sino al baratro di affermare che “Draghi è grillino” significa solo due cose: aver disperato bisogno di un T.S.O. oppure aver preso in giro clamorosamente tutti da almeno dieci anni (“la seconda che hai detto”). Ma poiché non è possibile prendere in giro tutti tutti per sempre, ecco che gli altarini grilleschi sono stati svelati e chi vi aveva prestato fede si sente in diritto di ribellarsi anche contro l’Elevato.

Il danno irreparabile che Beppe Grillo sta procurando all’Italia, e al sud in particolare, si potrà apprezzare nel corso dei prossimi decenni, quando si giungerà al punto di rottura sociale, ossia alle soglie una guerra civile che l’Italia non ha quasi mai conosciuto, se non nella breve stagione della Repubblica di Salò. Con Draghi si è avviata la restaurazione dei potentati del nord, che vogliono depredare il Recovery Fund per salvare la parte produttiva dell’Italia e ridurre in miseria, quale colonia in patria, il meridione, da cui ricavare manodopera intellettuale a basso costo, svuotando il sud di intelligenze e talenti, lasciandolo al ruolo di discarica abusiva, di territorio di scorribande di mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti, necessari alla politica per assicurarsi gli enormi bacini elettorali, come è stato sino al 2018, quando il M5S ha sbancato.

Si dice che Grillo sia ricattato. Egli stesso tempo fa riferì di minacce ricevute, se non si fosse fermato con la “rivoluzione”, se non fosse sceso a più miti consigli col potere. Fatto sta che oggi, al netto dei ricatti e delle minacce, Grillo ha consegnato al potere della restaurazione il MoVimento ed il suo popolo, perché questo potere ne possa disporre come meglio crede. La storia personale di Grillo (pluriomicida colposo padre di un figlio presunto stupratore) sembra prestare il fianco a possibili ricatti e minacce, facendone un paladino di latta a capo di quella rivoluzione che doveva assicurare il “cambiamento” epocale nel paese dei nani e delle ballerine, dei corrotti e dei prescritti, degli evasori e frodatori fiscali, dei collusi con le mafie, feccia di una società che può a ragione dirsi incivile, e che non potrà rinascere né coi moralisti né con Draghi.

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