“Caso Montante”, manca Lumia

di Salvatore Fiorentino © 2021

Con la conclusione di un nuovo (certamente non l’ultimo) filone dell’indagine condotta dal procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci sul “caso Montante”, ciò che desta stupore non è apprendere che anche figure apicali delle istituzioni antimafia (tra cui un allora comandante provinciale dei Carabinieri e capocentro DIA di Palermo, evidentemente dimentico dell’insegnamento di Carlo Alberto Dalla Chiesa) sarebbero state asservite agli interessi criminali dell’ex presidente di Confindustria Sicilia già icona di quell’antimafia dalla facciata doppia che da ormai diversi anni abbiamo imparato a conoscere. Diversamente, ciò che a primo acchito sorprende è non leggere tra i nomi degli indagati quello di chi è notoriamente stato e definito “il padrino politico” di Antonello Montante: l’ex senatore antimafioso Beppe Lumia.

A dire il vero, moltissimi giornalisti – quasi tutti – si sono occupati più o meno approfonditamente di Antonello Montante, mentre si contano sulle dita di una sola mano quelli che hanno osato solo nominare nei loro articoli il “capo politico dell’antimafia” dell’ultimo quarto di secolo, sin da quando mise piede nella commissione antimafia nazionale, che pure ha presieduto, all’inizio di quella epoca grigia che segue le stragi degli anni 1992 e 1993 e che dura sino ad oggi. Persino l’autorevole Attilio Bolzoni, che a Montante ha dedicato il libro “Il padrino dell’antimafia”, e che di cose di mafia siciliana si è occupato sin dagli albori della sua fortunata carriera, sembra evitare l’argomento “Lumia”, focalizzando la sua attenzione sul “cerchio magico” del parvenu di Serradifalco.

E se persino sulle pagine de “La Sicilia” di Catania – da non confondere con “I Siciliani” – qualcuno solleva seri dubbi sul fatto che il “sistema Montante” non possa essere riduttivamente considerato con riferimento al suo apparente decaduto protagonista e alle pedine che costui manovrava (senza invero trovare grandi resistenze, visto che per compiacere certi alti vertici dell’antimafia sarebbe bastato qualche posto di lavoro per coniuge e prole), ci sarà forse qualcosa che non torna nel mondo delle procure siciliane e non solo, dato che l’affaire in fabula ha certamente confini nazionali se non oltrefrontiera? C’entra qualcosa quel “ricatto alla palermitana” di cui si è sentito nelle famigerate chat intercettate (a singhiozzo) dell’ex potente manovratore di toghe Luca Palamara? Sarebbe il caso di approfondire, ma nessuno sembra volerlo, ad oggi.

E, nella giornata dedicata alle vittime innocenti di mafia, sarà pure il caso di iniziare a parlare anche di quelle vittime innocenti della “antimafia” – magari non eliminate fisicamente ma civilmente, con indagini ad hoc senza reale motivo, accuse false e prove costruite a tavolino – che si sono opposte a questo “sistema Montante”, non piegandosi alle pretese indebite avanzate per tramite delle tante pedine disseminate secondo un reticolo diffuso, funzionali a quel sistema dedito alla deviazione degli organi dello Stato, dalle amministrazioni centrali sino a quelle locali, che per ciò doveva imbavagliare tutte quelle voci, giornalisti, pubblici ufficiali e semplici cittadini che, non intendendo soggiacere all’intimidazione “antimafiosa”, sollecitavano le autorità preposte ad indagare in nome della legge e non di un suo simulacro?

Alla luce degli atti pubblicati dalla Commissione antimafia presieduta da Claudio Fava, la magistratura siciliana, invece di adirarsi per le conclusioni che evidenziano come talvolta non si siano approfonditi gli elementi conducenti verso il livello politico facente capo a questo “sistema Montante”, avrebbe il dovere di fare chiarezza sulle eventuali responsabilità ascrivibili non tanto e non solo a chi rivestiva formalmente il ruolo di presidente della Regione Siciliana, ma anche e soprattutto a chi, per quanto si legge negli atti della stessa Commissione antimafia, ne era il deus ex machina, colui che “vestiva il pupo” prima che ogni riunione di giunta regionale potesse avere inizio, con gli assessori ad attendere invano per ore, quali controfigure di una trama decisa al di sopra delle loro teste. Se del caso da tagliare.

2 pensieri riguardo ““Caso Montante”, manca Lumia

  1. Nel libro di Attilio Bolzoni, “il padrino dell’antimafia”, Lumia viene citato più volte. Viene pure definito “faccia da parroco di campagna”

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    1. a quanto pare (non ho letto il libro) se ne parla in sole 4 pagine, mentre il ruolo di Lumia è stato centrale nella gestione del rapporto tra Montante e Crocetta per quanto è emerso dai lavori della commissione regionale antimafia …
      Lumia è presente alla famosa riunione tenutasi all’hotel Excelsior quando si decide la defenestrazione dell’assessore Marino, che si era messo di traverso sulla gestione dei rifiuti …

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