Grilleide

di Salvatore Fiorentino © 2021

Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris / Italiam fato profugus Laviniaque venit / litora, multum ille et terris iactatus et alto / vi superum …

Stavolta non è come al solito. Non si tratta più del rituale video messaggio costruito ad arte, tra frasi criptiche e messaggi subliminali. Ora l’ “Elevato” ha piantato i piedi per terra, e non le manda a dire. La traversata è giunta al suo approdo, all’ultima spiaggia. Il cosa accadrà adesso si gioca tra due alternative, o vita o morte. O sarà la fine di Grillo, archiviato e sepolto dal rinvio a giudizio del figlio Ciro, o sarà il canto del cigno della magistratura. In questo senso Salvini non sembra cogliere l’opportunità di evidenziare l’ennesima anomalia, quella che gli organi di stampa del potere (ossia tutti) nascondono dietro una strumentale difesa della vittima presunta, ossia che gli altrettanto presunti stupratori non sono stati oggetto di alcuna misura cautelare, di arresto.

Perché? Perché si è avuto un occhio di riguardo per il capo della prima forza politica uscita vincitrice alle elezioni del 2018? A prima vista si potrebbe pensare questo, e sarebbe molto grave. Oppure perché, come afferma Grillo, le accuse sono prive di sostanza? Col senno del poi si potrebbe anche sospettare ciò, e sarebbe ancora più grave. E’ il tentennamento della magistratura ad indurre il dubbio, non certo il lasso di tempo intercorso dai fatti alla denuncia degli stessi. Così come suonava strano il silenzio assordante dei media sino ad oggi, giorno in cui si è dato fiato alle trombe in un singolare unisono, a seguito del “la” dato dalla piccola procura di provincia laddove è trapelato che si stesse per procedere alla richiesta di rinvio a giudizio per il figlio del leader pentastellato.

Se si pensa che mesi addietro un esperto di comunicazione, e non solo, come Carlo Freccero aveva anticipato che Grillo era stato ricattato politicamente per via della vicenda del figlio, le peripezie del Movimento Cinque Stelle, ora sotto le cure di Giuseppe Conte, assumono una luce sinistra. Si dice che non esiste la giustizia ad orologeria, ma che si tratta di coincidenze, ed anche in questo caso è accaduto che nel momento stesso in cui Grillo si metteva di traverso contro il disegno già da qualcuno preordinato per il cambio non solo della linea politica ma persino del simbolo, sostituendo il nome del burbero padre fondatore con quello del rifondatore dal passo felpato, ecco che scattava la tagliola giudiziaria, il cui sibilo viene amplificato dal megafono della stampa padronale italiana.

Nel momento dell’accerchiamento politico ciò che conta non è il detto ma il non detto. Sicché pesanti come pietre tombali sono apparsi i silenzi di Conte e di Di Maio, mentre di compatimento filiale per il vecchio padre politico ormai caduto in disgrazie personali si può riferire con riguardo alle esternazioni rilasciate dai big del fu Movimento, come Taverna e Di Battista. Così, allo scoccare dell’ora delle iene e degli sciacalletti che si credono il sale della terra, non poteva mancare all’appuntamento la Boschi che, evidentemente eterodiretta da Matteo Renzi, si scagliava a testa bassa contro Grillo, brandendo l’arma della difesa delle donne. Peccato che non si fosse fatta notare in tale veste di paladina quando la sindaca Raggi veniva sommersa di offese quotidiane e della peggiore specie sessista nel silenzio generale.

Tutti contro Grillo e Grillo contro tutti. La stessa sorte di Salvini. Ormai entrambi annichiliti dai prossimi processi, che avranno vasta eco mediatica, dovranno rassegnarsi ad uscire dalla scena politica che conta, secondo il copione ormai collaudato sin da “Mani pulite”. Non importa se saranno condannati, perché sono già delegittimati presso l’opinione pubblica, con conseguente inevitabile crollo in termini di consensi e credibilità. Il “sistema” è quindi riuscito a liberarsi di due personaggi seppur diversi ma egualmente scomodi e destabilizzanti per i poteri della conservazione e dello sfruttamento dei lavoratori, quelli stessi che vedono nello stato sociale una minaccia piuttosto che un’opportunità. Per un futuro dove il partito della surgelazione di Letta sia il vincitore a reti unificate.


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