di Salvatore Fiorentino © 2021
L’ultimatum di Casaleggio jr è scaduto e Beppe Grillo col suo video choc ha traversato il Rubicone. Che adesso lo separa irrimediabilmente dal quel M5S divenuto un satellite del Partito Democratico, lo stesso Movimento che si sarebbe dovuto rifondare sotto le cure dell’ex avvocato del popolo, Giuseppe Conte. Il quale avrebbe non solo sancito la saldatura politica col PD, ma addirittura tolto dal simbolo il nome del fondatore per sostituirlo con il suo. Un “cambiamento” più traumatico di quello della “Bolognina”, quando falce e martello vennero sotterrate sotto la Quercia, ossia l’embrione di quello che è poi divenuto il partito senz’anima di Enrico Letta, un prodotto surgelato ed insapore che si vuole propinare agli italiani ormai digiuni di politica, che non sanno più distinguere tra carne e pesce.
E ad essere sotterrato l’ “Elevato” non ci sta. Né da Conte, né da Letta né tanto meno da un oscuro procuratore della Repubblica di Tempio Pausania. Che per la verità si presenta all’apparenza in modo piuttosto stravagante: e, come si dice, il magistrato deve non solo essere, ma anche apparire tale, pena la sua credibilità. Che nel caso specifico risente non tanto dei precedenti giovanili (aveva fondato una radio libera) quanto dei trascorsi con l’immancabile Luca Palamara, quello delle chat infinite. Anche in questo caso lo spaccato che vede coinvolto il procuratore in fabula è inquietante: si legge di un pm che offre insistentemente biglietti vip da stadio e sontuosi pranzi annessi all’ex leader dell’ANM allora consigliere del CSM, nel periodo in cui si decidevano i suoi avanzamenti di carriera.
Così tutto sembra pronto per un colpo di scena. La stellare réunion della premiata ditta “Grillo & Casaleggio”, lasciando con un palmo di naso Conte e i governisti a qualunque costo, ormai accovacciati all’ombra del PD lettiano, che con una riverniciata rosa (il rosso è bandito a sinistra) si candida ad assumere la leadership del paese per forza d’inerzia. Potrebbe così risorgere il vero M5S, che non sarebbe quello delle origini, ma un movimento più consapevole pur capace di conservare i fondamenti della sua ragion d’essere, non costretto a governare “whatever it takes”, ma solo nel momento che ve ne saranno le condizioni, altrimenti collocato quale forza di opposizione in grado di esercitare effettivamente il ruolo di vigilanza e di contrasto ad ogni deriva antisociale e antilegalitaria.
Ne dovrebbero far parte, per la loro storia personale e per le ultime vicende che li vedono fuoriusciti, osteggiati e addirittura espulsi, esponenti come Alessandro Di Battista, Virginia Raggi, Nicola Morra, Ignazio Corrao, solo per citare i maggiori. Di certo ne sarebbero esclusi quei “traditori” come Giancarlo Cancelleri e la sua truppa palermitana che ormai da tempo brigano non solo per l’alleanza col PD, ma persino con pezzi di Forza Italia, per conquistare la Regione Siciliana alle prossime elezioni isolane. Un esempio di camaleontismo che non può neppure definirsi politico, ma opportunistico e squallido, in quanto volto solo alla conservazione della postazione di privilegio fortunosamente conquistata ed immeritata alla prova dei fatti ormai acclarati dal 2013 ad oggi.
E magari questo Movimento Cinque Super Stelle (M5SS) potrà finalmente intestarsi una vera ed organica riforma della giustizia, che rimetta ordine in primo luogo nel settore della magistratura requirente: separazione delle carriere tra pm e giudici, con due CSM e un “Gran Giurì” a vigilare sugli stessi, composto da giuristi di chiara fama nominati dal capo dello Stato e dal parlamento, ma privo di esponenti togati. E poi abrogazione della possibilità per il pm di archiviare autonomamente i fascicoli qualificati come privi di notizia di reato (il famigerato modello 45), dovendo gli stessi in ogni caso passare al vaglio di un giudice terzo. E poi “patente a punti” per i pm che “sbagliano” le richieste di rinvio a giudizio o di condanna oltre certi limiti fisiologici, sino all’assegnazione ad altre funzioni.