Vendola, una condanna senza appello

di Salvatore Fiorentino © 2021

Come ritenevano gli antichi romani, il destino di un uomo è già nel nome. E quello dell’ex leader di “Sinistra Ecologia e Libertà”, al secolo Nichi Vendola, non lascia presagire un cursus limpido e onorevole, in linea con i valori fondanti di quella sinistra, di quella ecologia e di quella libertà in verità solo sbandierate nelle insuperabili “narrazioni” del fu presidente della regione Puglia, niente altro che bizantini mascheramenti di un volto ambiguo e impresentabile, come quello dei molti che si sono ammantati con la bandiera rossa per perseguire la corruzione intellettuale prima ancora che quella materiale, vendendo (nomen omen) i cittadini e i militanti in buona fede, che si affidavano alla affabulante oratoria di questi falsi paladini, a chi ne ha divorato le vite e le speranze, lucrando sulla morte altrui.

Ciò che grava su Vendola non è la condanna giudiziaria, tre anni e mezzo di reclusione, per aver concorso nella concussione del dirigente dell’organo di vigilanza sull’inquinamento. E non si dica che non è una sentenza definitiva, perché non esistono sentenze provvisorie, ma solo sentenze, che fino a quando non vengono riformate sono sentenze da eseguire, da rispettare e a cui prestare fede. Queste sono le regole dello stato di diritto e non possono essere certo derogate perché stavolta sul banco dei condannati c’è chi sostiene di essersi battuto come nessun altro per la tutela dell’ambiente e per il contrasto all’inquinamento, di non aver intascato un euro dai padroni dell’ILVA diversamente da altri, di aver cercato di tutelare i lavoratori e i posti di lavoro, di vergognarsi delle scomposte risate intercettate.

Ciò che grava veramente su questo personaggio della sinistra mascherata è la condanna politica e morale, questa si inappellabile, per aver rinunciato al proprio ruolo di politico che si professava per la Sinistra (quella vera), l’Ecologia e la Libertà sino al punto di intestarle al suo partito (S.E.L.), raccogliendo voti e consensi da quei cittadini che speravano e credevano in questi fondamenti, ancora oggi declamati perché tornati di moda ma mai attuati da tutti i governi succedutisi, compresi quelli dei falsi paladini della “transizione ecologica”, quegli stessi che col M5S facevano man bassa di voti al grido di “chiuderemo l’ILVA” e che poi invece si tengono strette le poltrone del potere, ormai assaporato e metabolizzato, dichiarando che “l’ILVA è una realtà che non può chiudere”. Ma ora ci pensa Bernabè, toh guarda chi si rivede!

Vendola vi ha rinunciato quando, travestendosi con le fantasmagoriche “narrazioni” e le iniziative legislative rimaste sulla carta, si è reso disponibile a mediare tra diritto al lavoro e diritto alla salute, come se vi possa essere un compromesso accettabile tra morire di fame e morire di cancro. Vi ha rinunciato quando ha cercato di captare maldestramente la benevolenza di Girolamo Archinà, plenipotenziario di fiducia a cui i Riva affidavano il “lavoro sporco”, quando ridendo in un momento tragico come solo le iene sanno fare ha sentito il bisogno di chiamarlo per assicurare che “il presidente non si era defilato”, che “i migliori vostri alleati sono gli operai FIOM”, incassando la soddisfazione di questo personaggio che additava come l’origine dei problemi un direttore dell’ARPA troppo fedele ai propri doveri.

Un direttore, tale Assennato (ancora nomen omen), quindi da ammorbidire, nel momento che era in discussione al ministero dell’ambiente il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento killer. Ecco che viene ventilata la solita minaccia che i politici utilizzano per costringere un pubblico ufficiale a chiudere un occhio o anche due di fronte alle loro esigenze di compiacere ora questo ora quel padrone: la revoca dell’incarico di direttore, o meglio, il non rinnovo dello stesso, ossia una concussione vera e propria. Peccato che poi il direttore quanto meno un occhio decise di chiuderlo, guadagnandosi una condanna per favoreggiamento, così che l’autorizzazione venne rilasciata ed il mostro continuò a falciare le sue vittime innocenti. Sino ad oggi, perché la strage continua.

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