Il Grillo e il CamaleConte (bestiarium)

di Salvatore Fiorentino © 2021

Dai tempi favolosi de “La Bella e la Bestia” non si vedeva una contrapposizione così apparentemente paradossale, che fornisce materia viva, allo stato magmatico incandescente, per un bestiarium della politica aujourd’hui. Beppe Grillo versus Giuseppe Conte, l’ultima sfida. Ma Conte non è la Bella e Grillo non è la Bestia, anche se qualcuno vorrebbe dipingerli così, pro PD suo. E il M5S non sarà salvato dal loro amore impossibile, ma semmai dalla loro definitiva rottura, che comporterebbe la fine di quel sortilegio che ha visto spegnersi una dopo l’altra le cinque stelle che fecero brillare il popolo, facendolo sognare in vista di un cambiamento atteso da decenni, perché finalmente quei valori scritti sulla carta costituzionale, come l’eguaglianza, la solidarietà e la giustizia sociale, si concretizzassero nella realtà.

La sinistra italiana, sorda come una campana, non ha mai voluto che il popolo fosse protagonista, ma sempre succube di un gruppo di potere dalla vita agiata e parassitaria, mantenuto dalla società civile. Ed è per questo stata la prima e più feroce nemica del M5S nella sua fase sorgente, mentre ne è divenuta interessata alleata per nutrirsi della sua linfa e del suo sangue, rendendo ciò che doveva liberare i cittadini dal giogo atavico della politica niente altro che un mero strumento per prolungare la propria agonia nella speranza di continuare a detenere il potere pur senza consenso elettorale, servendosi di quello altrui, continuando un inganno che non sarebbe sostenibile senza un nuovo camaleontismo politico portatore di un falso cambiamento, da attuare secondo il famigerato adagio del “tutto cambia perché nulla cambi”.

E quale miglior testimonial di questo “cambiamento-non cambiamento” che Giuseppe Conte, o meglio detto il CamaleConte? Quale miglior leader per un M5S svuotato dei propri ideali e contenuti ed ormai intriso di una mentalità degna di quell’ancien régime che aveva determinato la reazione popolare catalizzata e rappresentata dal MoVimento di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio? Un camaleontismo del tutto funzionale a far sopravvivere al governo una sinistra democratica esangue che non è stata mai sinistra né tanto meno democratica, coltivando invece l’arroganza di ergersi come “migliore” a prescindere sotto il profilo politico, etico e della competenza amministrativa, forte delle poderose cinghie di trasmissione che la legano per un verso al sindacato filo-governativo della CGIL e per altro alla magistratura di potere che condiziona la politica.

Quando Beppe Grillo avallò il governo Draghi e addirittura il ministro per la “transizione ecologica” Cingolani, quando lo stesso sembrò cedere il M5S al CamaleConte venuto dal nulla, molti pensarono che il “garante” pentastellato avesse smarrito del tutto il senno, ovvero fosse stato costretto ad andare a Canossa sotto il ricatto delle vicende personali che riguardavano il figlio “coglione”. La delusione fu generale dalle parti di chi vedeva un M5S senza testa ne coda ormai alla deriva e destinato ad un rapido disfacimento, a divenire un satellite di servizio del PD che lo avrebbe presto fagocitato. Molti dei migliori esponenti grillini venivano emarginati se non espulsi dai gruppi parlamentari, persino la sindaca di Roma, una “lady di ferro” come la Raggi, veniva ostacolata perché rimasta fedele ai valori fondanti del M5S.

Ma adesso che Grillo ha scandito urbi et orbi che lui è “il garante e non un coglione”, al CamaleConte non è rimasta che una vile ritirata strategica, nella speranza di suscitare la reazione del popolo pentastellato che tanto lo ha acclamato da premier, tanta era l’arsura di vedere una persona onesta e perbene in un ruolo di governo, data la sequenza di filibustieri, boiardi e banchieri nell’ultimo lustro, quanto di peggio si poteva sperare. E Conte, da bravo avvocato d’affari, sa come adulare i parlamentari del M5S, promettendo il miraggio del terzo mandato a chi, per primo Di Maio, dovrà lasciare al prossimo giro. Ma Grillo ha ora l’opportunità di mandare a casa capi e capetti, confermando il limite del secondo mandato e riportando il M5S ai suoi valori autentici, con Di Battista nuovo leader e il ritorno degli esiliati in patria.

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