di Salvatore Fiorentino © 2021
Cosa e chi rappresenta il presidente di una repubblica senza dignità? E chi sarebbe mai disponibile a ricoprirne la carica? Uno statista? Un opportunista? Un mistificatore? E a quale scopo? La ragion di stato? L’interesse di parte? L’inganno dei cittadini? E cui prodest? La tenuta delle istituzioni? Il prevalere di una fazione? La spoliazione dei diritti dei cittadini? E una repubblica che sia democratica, fondata sul lavoro e la cui sovranità appartiene al popolo (art. 1, Cost.), nella quale tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge (art. 3, Cost.), può mai perdere la propria di dignità e continuare ad esistere come se nulla fosse al riparo di una tacitante e vergognosa ipocrisia generale? La risposta è evidentemente no, semmai degenererà in una entità che potrà imporre il proprio giogo a quelli che saranno i suoi sudditi, e verso la quale sarà legittimo opporre la resistenza civile, come fu al tempo del fascismo.
Come ha scritto un acuto osservatore, che per combattere il malaffare politico-mafioso è stato avversato dalla stessa magistratura, “sarebbe prezioso che gli italiani un giorno avessimo il coraggio di ammettere la realtà. Non siamo stati “vittime della mafia”, ma mafiosi; come non siamo stati “occupati dai Nazisti”, ma complici del nazismo; e non “vittime del fascismo”, ma fascisti; e non gente per bene governata da ladri, ma ladri governati da gente scelta da noi proprio perché come noi. Questa opera di verità ci farebbe onore e ci aiuterebbe a cambiare, cosa che, invece, non vogliamo fare in alcun modo“. Questa opera di disvelamento dall’ipocrisia di Stato, di verità in nome dell’etica pubblica, di effettiva giustizia nei confronti della storia di un Paese e dei suoi cittadini, chi altri dovrebbe sollecitarla, avviarla, propugnarla se non il primo cittadino d’Italia, il presidente di questa repubblica così martoriata e calpestata?
Come può il presidente di questa repubblica così offesa alle fondamenta dalle pratiche disdicevoli (potremmo dire persino “eversive”) che sono emerse a carico di uno dei suoi poteri costitutivi, la magistratura, limitarsi a generici quanto vacui ammonimenti rimasti del tutto inascoltati? Come può il presidente di questa repubblica tollerare se non avallare la mortificazione della sovranità popolare (potremmo dire persino “golpe bianco”) perpetrata da un governo che non è legittimato se non dalla paura e dall’incapacità delle forze politiche che siedono in parlamento ad assumersi la responsabilità di disegnare ed attuare le vere riforme necessarie per una moderna democrazia, ossia finalizzate all’affermazione concreta dei principi costituzionali tanto declamati ma da tempo immemore lasciati languire sulla Carta? Sinceramente, non è dato comprendere come sia stata possibile questa deriva al tanto peggio.
Oggi non c’è più bisogno di stragi, di omicidi eccellenti. Oggi un magistrato scomodo, che lancia l’allarme, che denuncia l’inerzia dei suoi capi ufficio scelti non per merito ma per cordata correntizia, non viene ascoltato, né tutelato, ma immediatamente messo sotto processo e trasferito d’urgenza, per l’evidente scopo ritorsivo di neutralizzarlo ed educarne cento come lui. Così come un prefetto, che si scontri coi poteri forti che spradroneggiano in un dato territorio – come è avvenuto in Sicilia con i ras del “sistema Montante” e come avviene dove lo Stato ha sub appaltato la sua funzione a poteri discutibili e talvolta criminali – ha le ore contate per farsi la valigia e comprare il biglietto di sola andata per la nuova e punitiva destinazione. Lo stesso “protocollo di illegalità” si applica a quei funzionari di Polizia, a quegli ufficiali dei Carabinieri o della Guardia di Finanza che abbiano mostrato acume investigativo sgradito in alto loco.
Se va sospeso il giudizio sui presidenti che hanno servito questa repubblica senza dignità, non sappiamo chi sarà il prossimo che vorrà assumerne la carica, nonostante l’elezione sia alle porte, con l’inizio del “semestre bianco” ormai nei giorni venturi. Un semestre che si prevede denso di scorribande “politiche”, di colpi bassi, di “inciuci”, di corsa ad accordi al ribasso, con un ulteriore – se possibile – perdita di dignità per questa repubblica ormai vacillante, nonostante le parate (militari e dei rigori europei). Dove la legge è qualcosa che si applica severamente per i “nemici” e si allenta per gli “amici”, dove tutto si aggiusta, compresi i processi giudiziari, se si fa parte della cricca dominante, della casta preminente, della cosca vincente, della loggia più blasonata. Una repubblica dove i concorsi pubblici sono regolarmente truccati e i ricorsi puntualmente vanificati, dove il peggiore prevale con la forza e il migliore fa fagotto.