La repubblica di Arlecchino e Pulcinella

di Salvatore Fiorentino © 2021

L’unità d’Italia è fatta. Nelle maschere del carnevale che ne raffigurano l’essenza indomita. L’italiano è caleidoscopico, camaleontico, servo del padrone del momento, più lesto di tutti a saltare sul carretto del prossimo presunto vincitore. Esuberante, ironico e canagliesco, persino generoso, senza segreti e senza verità, omertoso da nord a sud, isole comprese, mafioso quanto basta. Il caos è la regola, non la premessa necessaria per la rigenerazione. Un guazzabuglio perenne dove tutto è giustificabile ed interpretabile, dove spuntano come funghi i tribuni della plebe, i soloni dello scibile, i paladini dell’onestà, i santoni dell’antimafia, i profeti della giustizia e della verità. E tutto si rincorre mordendosi la coda come il can che fugge menato per l’aia. La maschera è l’abito prediletto, che non si smette neppure quando ci si guarda, quelle rare volte, allo specchio. La personalizzazione è spinta al parossismo, per cui il destino di milioni di cittadini dipende dall’umore del potente di turno.

Chi chiede l’attuazione della democrazia è considerato nella migliore delle ipotesi un pazzo, nella peggiore un eversore del disordine costituito. La res publica è quanto di più privato possa esistere, nelle mani di pochi che se ne impossessano, per ciò ingaggiando una lotta che non ha eguali, senza esclusione di colpi bassi, per servire gli interessi, spesso illeciti, di una ristretta élite. Altro che pari opportunità, pari condizioni, non discriminazione, meritocrazia. La repubblica di Arlecchino e Pulcinella è fondata sull’appropriazione indebita della sovranità popolare, sulla sua manipolazione, sul mercanteggiamento al ribasso di ogni granello di potere, sul clientelismo spudorato per famigli e amici, compagni di merende e colazioni. Un carnevale perenne che non conosce quaresima, che si perpetua alimentandosi dei peggiori vizi antisociali, quali lo sfruttamento dei più deboli, il ricatto che fa leva sullo stato di bisogno, l’abuso di potere e dell’autorità senza freno.

Perché deve esistere un uomo scalzo e un uomo che ha perso il conto delle scarpe che indossa? Quale legge, sia universale che umana, può giustificare tutto questo? Si dirà che il primo non è stato capace di affermarsi ed è quindi immeritevole, mentre il secondo si, ed anzi più grandi sono i suoi possedimenti e più grande è il suo valore. E’ davvero così? E se il primo non fosse stato capace di rubare, di approfittare degli indifesi, di essere spietato nell’applicare la legge con i deboli e accondiscendente con i potenti, di raggirare il prossimo e di fare strame dell’altrui buona fede, sarebbe per questo da giudicare peggiore del secondo che, invece, ne sia stato capace? Non è forse celeberrima la frase che afferma, senza mai aver ricevuto smentita, che non esiste democrazia laddove c’è qualcuno che è così povero da poter essere comprato da qualcun altro che è così ricco da poterlo comprare? E’ quindi il denaro il metro della virtù o semmai dell’immoralità?

E se le banche sono il tempio del denaro ed i banchieri i loro turpi sacerdoti, che democrazia sarà mai quella amministrata da siffatti ministri del culto dell’immoralità? Che società sarà mai quella che si ponga come obiettivo primario l’idolatria della moneta, sia essa il dio Dollaro o, più modernamente, il dio Euro? Quale etica, ed in nome di quale divinità o principio, potrà mai giustificare per un verso la ricchezza ottenuta senza lavoro e per altro il lavoro che non sia retribuito per ciò che produce? Non c’è fisiologia ma patologia nello sviluppo incotrollato, innaturale, canceroso, di qualsiasi organismo. L’accumulazione smisurata della ricchezza è quindi il sintomo di una grave sindrome sociale ed economica che necessita di correttivi adeguati e se del caso drastici per mezzo della mano pubblica che deve regolare quella privata, dovendo la prima assicurare l’equità e la redistribuzione del reddito nella comunità in cui esercita la propria giurisdizione.

L’Italia nel 2018 si è affidata ad un Comico con un manipolo di apprendisti che, alla prova dei fatti, si è rivelato un Carnevale, incarnato nelle maschere più famose, da nord a sud, Arlecchino e Pulcinella. Ha partorito governi di tutti i colori sino al punto di incoronare un dittatore della peggiore risma, un sacerdote sommo del tempio del denaro, pronto a sacrificare il popolo per garantire la vita della moneta, il dio Euro, ideale ultimo della repubblica al tempo della degenerazione, del calpestamento quotidiano della Costituzione, del ritorno dei manganelli e degli idranti nelle piazze della protesta, per soffocarne la voce con la forza sotto la scusante dell’emergenza pandemica. Emergenza che, vediamo, vale solo per alcune manifestazioni, ma non per altre, a cominciare dai festeggiamenti per la vittoria, quanto mai celebrata, degli europei di calcio 2020. Quanto meno a quel tempo non c’era l’apartheid tra vaccinati e non. E tanto più è ottuso il potere tanto più diventa autoritario.





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