di Salvatore Fiorentino © 2022
Con “Die fröhliche Wissenschaft” (dato alle stampe nel 1882 e tradotto in italiano come “La gaia scienza”, da cui traspare immediatamente l’intento corrosivo dello scritto) Friedrich Wilhelm Nietzsche muove una critica radicale al pensiero scientifico, laddove esso tenti di spiegare ogni cosa col nesso di causa ed effetto. Il titolo dell’opera richiama la definizione coniata dai trovatori provenzali del XII secolo per definire l’arte della poesia e, non a caso, si apre con la seguente citazione: “Io abito in una casa tutta mia / né mai nessuno in qualcosa ho imitato /e sempre ho burlato ogni maestro / che se stesso in burletta non mettesse / Sulla mia porta di casa / Per il poeta e il saggio, tutte le cose sono amiche e benedette, tutte le esperienze utili, tutti i giorni sacri, tutti gli uomini divini” (R.W. Emerson). La polemica è rivolta a quella scienza che adorando fideisticamente la “verità oggettiva” si contrappone alla vita umana, la cui complessità non può essere vincolata ad “una” verità.
La verità assoluta non esiste (compresa la frase che lo affermi), perché ogni realtà dipende da un sistema di riferimento, il che non vuol dire relativismo inconcludente, ma consapevolezza che co-esistono più realtà, al limite infinite (nessuna), portatrici ciascuna di una propria “verità”. E’ nella scelta della “verità” che si fonda il senso umano della vita, perché questa scelta discrimina quelle verità che pur “oggettivamente” vere si pongono in contrasto con ciò che ciascuno intende “soggettivamente” essere nel suo divenire finito. Ecco perché la scienza non può sostituirsi alla politica, in quanto la prima dovrà comunque soggiacere alle istituzioni che governano la società, le quali si dovranno fare carico, come in ogni altro caso, di bilanciare le confliggenti esigenze per il raggiungimento della migliore cura dell’interesse generale, senza che ciò possa giustificare il sacrificio dei diritti inalienabili dell’individuo, indisponibili per il potere se non con un atto di violenza.
La scienza è l’arma più pericolosa che si possa mettere in mano all’essere umano dagli albori della sua comparsa sulla Terra, come è stato immortalato dal genio di Stanley Kubrick nella scena iniziale (“The Dawn of Man“) del capolavoro “2001. A Space Odyssey” (in cui si esplorano temi fondamentali come quelli che toccano l’identità della natura umana, il suo destino, il ruolo della conoscenza e della tecnica), nel momento in cui gli ominidi apprendono che un resto osseo animale può essere usato non solo come utensile, ma anche come arma, e non tanto per uccidere quanto per soggiogare il proprio simile. Che differenza corre tra quella rudimentale clava e i vettori di testate atomiche di ultima generazione esibite con malriposto orgoglio dai leader delle potenze mondiali? Sotto il profilo della “scienza” nessuna, si è evoluta soltanto la “tecnica”. Ecco che la scienza costituisce una minaccia per il genere umano nel momento che serva a dominarlo.
E’ nota ed assai comune la frase, che è propria di ogni soggetto che eserciti una professsione, secondo cui l’attività deve essere svolta “in scienza e coscienza”, non potendosi disgiungere la prima dalla seconda, pena il venir meno ai doveri deontologici, oltre che a quelli attinenti alla responsabilità giuridica della condotta realizzata. Sicché la scienza che smarrisca la coscienza non sarebbe più portatrice di quella verità, cernita tra le tante, che serva al bene del genere umano e non alla sua sottomissione. Non è forse “gaia” (nel senso di superficiale, irresponsabile) quella scienza che ha realizzato l’eugenetica (non solo quella nazista, ma anche quella di matrice anglosassone) o quell’altra che ha costruito “Little Boy” e “Fat Man”, ossia rispettivamente le bombe nucleari sganciate su Hiroshima e Nagasaki il 6 e il 9 agosto 1945? A quale “verità” rispondeva questa scienza, se non a quella di sterminare l’umanità?
Con un “jump-cut” più ardito di quello con cui Kubrick ci conduce dalla scena degli ominidi a quella degli uomini che viaggiano sulle navi spaziali, possiamo in conclusione guardare all’abuso che si sta commettendo in nome della scienza nella gestione della pandemia che dal 2020 ha colpito il mondo. E’ una scienza quanto mai “gaia”, in quanto asservita al capitale, al profitto, da cui trae ormai l’unico alimento. Ed il vero problema sta nel fatto che la politica non possa più governarla, dato che ne è invece governata, in un pericolosissimo ribaltamento dei ruoli, perché nel momento in cui il denaro venga posto come sistema di riferimento, la “verità” che questa scienza potrà produrre sarà ad esso vincolata e conseguente. E non sarà contestabile, perché questa “scienza” esigerà che sia annullato il confronto libero, che ogni argomentazione contraria sia dichiarata inammissibile, che ogni documento che possa metterla in discussione sia reso inaccessibile. The Sunset of Man.