di Salvatore Fiorentino © 2022
L’elezione di un capo di stato o la nomina di un premier non è mai solo un fatto interno, ma riguarda anche gli scenari internazionali, soprattutto oggi, in tempi in cui le dinamiche tra le superpotenze non sono in equilibrio. Figurarsi, poi, la sua rielezione. Per l’Italia lo scenario di riferimento è in primo luogo quello atlantico, per la dipendenza storica dagli U.S.A., e in secondo luogo quello europeo, a cui il Belpaese si è ormai vincolato avendo ceduto la sovranità non solo monetaria ma anche legislativa. L’Europa appare oggi come una sovrastruttura burocratica più che politica, una sorta di Leviatano che tutto vede e a tutto provvede, riducendo la libertà dei popoli. Per questo, l’Europa è ancora oggi vista quanto meno con diffidenza dalla maggior parte dei cittadini italiani, quelli che manifestano l’intenzione di voler votare i partiti cosiddetti “sovranisti”: Lega e Fratelli d’Italia.
Con la definitiva uscita dalla scena politica della Merkel ed il conseguente consolidamento della von der Leyen alla guida della UE (e con la perdita, guardacaso, dell’unico volto umano delle istituzioni europee, David Sassoli, che aveva citato in giudizio la Commissione UE, “distratta” in materia di diritti umani), si registra un marcato avvicinamento dell’Europa agli U.S.A. – come rivelano in modo eloquente le tensioni in Ucraina – che, sotto la presidenza dei “democratici” guidati da un quanto mai malfermo Joe Biden, hanno un rilevante interesse strategico a ghettizzare gli orientamenti “sovranisti” che attraversano il vecchio continente da ormai diversi anni, evidente crisi di rigetto verso un’Europa sentita e vissuta più come una prigione che, come si vorrebbe raffigurare nelle convenzionali rappresentazioni propagandistiche, la “casa comune” dei popoli europei.
Difficile ritenerlo, se ancora oggi il principale se non l’unico valore “comune”, a detta della stessa von der Leyen, rimane la moneta, l’idolatrato dio “Euro”. Ed ecco, allora, l’urgenza dell’esigenza euro-atlantica di neutralizzare ciò che il popolo chiede e vuole, sopratutto quando la ferita, profonda e quasi mortale, della “Brexit” non è ancora stata rimarginata, potendo anzi divenire il veicolo per nuove e clamorose defezioni, “Italexit” in primis. E’ chiaro che se un paese fondatore e strategico come l’Italia decidesse di voltare le spalle non all’Europa ma a questa brutta copia dell’ideale europeista degli Adenauer, dei De Gasperi e dei Monnet, il castello di carte costruito in partita doppia tra Bruxelles e Strasburgo cadrebbe inesorabilmente in un men che non si dica. E l’ipotesi non è certo remota, dato che alle prossime elezioni politiche del 2023 la maggioranza relativa sarà delle forze “sovraniste”.
Ecco che era necessario, prima che fosse troppo tardi, il golpe di palazzo. Tutto inizia con il veto insuperabile del presidente della repubblica Mattarella nei confronti del candidato ministro dell’economia Paolo Savona durante la formazione del governo “giallo-verde” all’esito delle elezioni politiche del 2018. L’esclusione è tanto politica quanto inammissibile: Savona viene ritenuto poco europeista e si teme che possa propugnare politiche economiche filo “sovraniste”. Ma se questo aveva deciso il popolo e i suoi rappresentanti appena eletti, che titolo aveva il capo dello stato per impedire la realizzazione della sovranità popolare e affidare l’incarico per un governo tecnico a tale Cottarelli? Nessuno, tanto è vero che il M5S minaccia l’impeachment, col favore di Lega e Fratelli d’Italia. Tuttavia la frattura si ricompone e viene varato il governo “giallo-verde”, con Savona spostato ad altro dicastero.
E non finisce qui. Il golpe deve ottenere la progresiva neutralizzazione delle forze “sovraniste”. Dopo aver “corrotto” il M5S (da cui le espulsioni e le fuoriuscite) e aver imposto la “quarantena” alla Lega col governo “giallo-rosa”, ecco la pietra tombale: arriva il commissario della Troika e degli americani Mario Draghi a guidare il governo, approfittando dell’emergenza pandemica per applicare draconiane restrizioni ai diritti costituzionali dei cittadini. Costui e la stampa al soldo di Confindustria e dei poteri finanziari mettono in mora la politica: ora vi dovete fare da parte, ora servono i “migliori”. Sicché anche la Lega è costretta a sostenere il governo di unità nazionale, da cui resta fuori solo Fratelli d’Italia. Ma l’emergenza diviene stato d’eccezione, e quindi il “consolato” Draghi-Mattarella deve durare oltre il 2023, scadenza elettorale per le politiche. Per sterilizzare il voto dei cittadini.