di Salvatore Fiorentino © 2022
La storia insegna che anche Adolf Hitler e Benito Mussolini presero il potere legittimamente, con un voto parlamentare. E non è un caso che la Costituzione italiana vigente, quella stessa che fu concepita sulle macerie della catastrofe nazifascista (resa possibile anche per l’inettitudine di chi a quel tempo albergava presso il Quirinale), contenga gli opportuni anticorpi contro siffatte deviazioni dall’alveo della democrazia sostanziale. Peccato che oggi questa stessa Costituzione sia al più rispettata sotto il profilo formale, ma certamente violata dal punto di vista effettivo. Quella Costituzione vivente di cui parlava uno dei suoi padri più autorevoli, Piero Calamandrei, è ormai clinicamente morta, anche se venerata come una reliquia dagli officianti preposti alla sua salvaguardia. Oggi, con un premier imposto da un presidente della repubblica rieletto da un parlamento incapace di decidere possono ritenersi varcate le colonne d’Ercole della costituzionalità.
Il corto circuito è evidente nel momento in cui il parlamento, sebbene umiliato e marginalizzato al ruolo di mero ratificatore delle decisioni del premier Mario Draghi, accenni, approfittando del favore delle tenebre, ad un riscatto d’orgoglio per tentare di riappropriarsi della propria funzione centrale, peraltro evidenziata dallo stesso Mattarella nel discorso di reinsediamento al Quirinale, “bis” dallo stesso ritenuto “incostituzionale” qualche settimana prima nel corso di diversi interventi pubblici. Eppure bastano quattro votazioni contro il parere del governo dei “migliori” per scatenare la collera del banchiere neoliberista monetarista che vorrebbe guidare l’Italia come se si trovasse al volante della propria automobile. La lesa maestà è tale che questo neoduce, dopo essere corso al Quirinale per ottenere vendetta, spande urbi et orbi minacce all’indirizzo dei partiti della larga maggioranza che lo sostiene, affinché si pieghino ai suoi diktat.
Perché – fiammeggia Draghi – si devono fare le “cose”, mentre resta sottointeso che le “cose” si debbano fare come dice lui, senza possibilità di alcuna discussione né, tanto meno, modifica. Ed è del tutto inutile che i partiti gli consiglino di cambiare metodo, perché lui “tira dritto”, facendo capire che se le forze politiche non si sottometteranno al suo volere allora dovranno cercarsi un nuovo premier. Il bluff è servito, e il dictator è quanto mai nudo: non può più lasciare palazzo Chigi perché ha fallito l’ascesa al Quirinale – a causa degli stessi partiti che ora redarguisce – ed è costretto in prima persona a completare il disegno che i poteri finanziari pretendono, avendolo prescelto per questa missione di commissariamento perpertuo della politica italiana, preliminare alla definitiva spoliazione del Belpaese e all’impoverimento dei cittadini, da ridurre al rango di sudditi plaudenti, schiacciando con l’abuso d’autorità ogni resistenza alle decisioni del governo, anche se incostituzionali.
E’ pertanto evidente che le istituzioni della repubblica, sino ai più sommi vertici, soffrano di una pericolosa schizofrenia, la cui cronicità appare ormai materia di esame psichiatrico, nel momento che da un lato si continuano ad esaltare i valori costituzionali, in primis la “dignità della persona” – come affermato da Mattarella nel ripresentarsi al cospetto del parlamento dopo la rielezione – mentre dall’altro ci si incaponisce per calpestarli, come quando si priva una fascia di cittadini (gli over 50) della possibilità di lavorare – e quindi di assicurare a sé stessi e alla propria famiglia una esistenza libera e dignitosa – finché questi non adempiranno all’obbligo di farsi iniettare un farmaco (approvato in via condizionata a causa dell’emergenza pandemica che scadrà il 31 marzo) in forza di una fonte normativa che è ancora provvisoria (il decreto legge varato dal governo il 7 gennaio scorso) e per la quale non si può affatto escludere una modifica, anche rilevante, da parte di deputati e senatori.
Ma allora il parlamento può (deve) o non può avere voce? Secondo Mattarella è doveroso garantire ampio spazio alla volontà parlamentare, mentre secondo Draghi le camere non possono modificare i parti (mostruosi) del governo, precipitandosi a chiedere soccorso al capo dello stato se le aule osano approvare seppur marginali emendamenti ai provvedimenti del suo gabinetto. Ma non è stato Mattarella (“volli, volli sempre, fortissimamente volli”) ad imporre il “tecnico” Draghi alle forze politiche per traghettare l’Italia fuori dall’emergenza “pandemica, sociale ed economica”? E non è stato lo stesso Draghi, a metà della traversata, a dichiarare che avrebbe abbandonato la nave per saziare le sue asprirazioni quirinalizie, lasciando il timone del governo ad un secondo ufficiale qualunque mentre lui se la sarebbe spassata sul sommo Colle? (Schettino docet) E il parlamento della repubblica, senza rotta né bussola, decise di assecondare la deriva, confermando chi non voleva restare al Quirinale. O forse si.