di Salvatore Fiorentino © 2022
L’emergenza c’è. Non per il covid né per la guerra. Ma per la democrazia italiana ed europea. Che risultano sospese in nome di un interesse “atlantico”, quello di sopraffare con ogni mezzo, “whatever it takes”, le potenze “orientali”, Russia e Cina. E se per questo obiettivo si deve sacrificare uno stato, massacrare i suoi cittadini, ecco che allora tutto diviene “lecito” per gli “occidentali” e “democratici” governanti angloamericani e per il loro stati “satellite”, governati dai loro prestanome, tra i quali ha certamente un ruolo preminente l’attuale premier italiano, il banchiere neoliberista monetarista Mario Draghi, che negli USA si permette di parlare a nome dell’Italia e dell’Europa senza aver ricevuto alcun mandato dagli organi che rappresentano il popolo, ossia i parlamenti. Troppo scomodo, troppo pericoloso, perché certamente sarebbero emerse tutte le contraddizioni che vengono censurate da un vero e proprio “regime” autocratico ormai dominante in Italia.
Troppe deroghe, e tutte in una volta, comportano un rovinoso deragliamento dai binari della Costituzione. Prima delle quali è certamente l’anomala rielezione del presidente della repubblica per incapacità (?) del parlamento ad individuare una figura degna di succedergli. Sette anni sono tanti, e ogni anno in più trascorso al Quirinale aggrava l’attuale condizione di stato d’eccezione della democrazia, sino al punto di potersi ritenere che della democrazia sia rimasto solo il simulacro. Ma non è tutto, anzi. Perché l’Italia non è governata dalla maggioranza uscita dalle ultime elezioni del 2018, essendo stato imposto il governo del “presidente” (quello rieletto di cui sopra), con la scusante dell’emergenza pandemica, ormai cessata il 31 marzo 2022, ma alla quale è subentrata l’emergenza per la guerra in Ucraina, prorogata e prorogabile sino a data da destinarsi. Pare così che lo stato di emergenza sia ormai la regola, per un motivo o per un altro, come metodo di governo.
Ma perché i partiti e i movimenti politici sono così deboli, al punto da sottomettersi senza troppe resistenze ai diktat dei “poteri forti”, ovvero alle decisioni autocratiche del presidente della repubblica (sempre quello rieletto), e non riescono più ad attuare ciò che sarebbe loro dovere costituzionale, ossia onorare il mandato ricevuto dal popolo sovrano, quest’ultimo sempre più distante dai palazzi del potere? Una prima ragione di fondo consiste nel fatto che si è perso il radicamento nel territorio, dato che un parlamentare non è più espressione delle preferenze popolari, ma della designazione dei ras di partito, che non decidono solo le liste, ma anche chi sarà verosimilmente eletto in base al consenso pronosticato con buona precisione dai sondaggi. E questi notabili di partito a chi rispondono se non ai poteri finanziari, imprenditoriali, ossia a chi detiene il capitale e può sostentare l’azione politica, con campagne elettorali e mezzi di comunicazione?
Vedendolo da vicino il mito di Draghi, il presunto supereroe, si è di molto affievolito, precipitando in caduta libera nell’ultimo periodo. Molto fumo (di Londra, of course) e poco arrosto. Presentato in pompa magna come il “migliore”, alla prova dei fatti si è dimostrato il peggiore presidente del consiglio dei ministri italiano e, forse, europeo, di tutti i tempi. Nonostante il sostegno sfacciato degli organi di informazione pubblici e privati, non è riuscito a nascondere gaffe e scivoloni, così come l’assenza di un barlume di strategia, procedendo con la più classica delle navigazioni a vista, tuttavia guidata dalla stella polare degli USA, manifestando una sudditanza verso la bandiera a stelle e strisce che non si era mai vista neppure durante i periodi più bui della repubblica, ingenerando imbarazzo e umiliazione verso chi oggi crede che l’Italia sia uno stato sovrano, ancorché membro UE, e che pertanto i suoi destini debbano essere decisi dalla volontà popolare, non da altri.
Il combinato disposto di un presidente della repubblica che, manzonianamente, il coraggio non se lo sa dare e di un premier che è schiacciato senza pudore a servire gli interessi angloamericani prima ancora che quelli europei e italiani, ha condotto inevitabilmente verso una situazione mai vista in epoca repubblicana, ossia una deviazione sostanziale dalle regole della democrazia come sancite dalla vigente Costituzione. L’Italia rischia di trovarsi di fatto in guerra contro la Russia perché il suo padrone americano ha deciso di sacrificare l’Europa per tentare di mettere al tappeto l’orso russo. Gli americani, come al solito, commettono un grossolano errore di valutazione: la Russia oggi, ieri l’Unione Sovietica, è il più vasto paese del globo, ha risorse naturali immense che la rendono autosufficiente. E possiede una tradizione culturale di gran lunga superiore a quella degli yankee. Tentare di negarlo, come ha fatto un improvvido Draghi, porta dritto filato all’apocalisse.