L’uomo fuori moda

di Salvatore Fiorentino © 2022

La moda è una forma di bruttezza così intollerabile che siamo costretti a cambiarla ogni sei mesi” [Oscar Wilde]

C’è chi non la segue e, come affermava Oscar Wilde, è l’unico modo per esserlo. Alla moda. Pochissimi. Gli altri sono tutti eguali, tutti simili, tutti conformi. Al modello, al cliché. Uomini senza volto, uomini comuni, uomini di sistema, uomini di convenzioni, convenienze e connivenze. Che stanno in società, perché non hanno scelta, non possono vestirsi per quello che sono, a volte perché non sono. Condannati alla regola, fine a sé stessa, spersonalizzante e disidentitaria, oppure ad indossare una maschera a vita. Corrono e rincorrono, perché sono inseguiti, incalzati, oppressi, rinchiusi in un mondo che li ha fabbricati, come pezzi di ricambio, di un meccanismo che deve girare sempre per un verso e che non lascia scampo.

L’uomo fuori moda dà fastidio, è scomodo. Perché non indossa l’abito che ci si aspetterebbe, ma quello che non calza mai a pennello, non risponde agli schemi, ai tracciati già decisi da chi vorrebbe controllare tutto e che tutto sia controllato. Perché non è manipolabile, è fuori serie. Si è persa la chiave, dimenticata la parola d’ordine, smarrita la password. E’ un libro aperto, che tutti possono, ma che molti non vogliono, leggere. Perché è uno specchio che li rifletterebbe pubblicamente a nudo, tanto più sono camuffati, infagottati, costretti, nel loro abito alla moda, ma spesso di taglio dozzinale, sempre inadeguato come uno smoking a colazione. Sicché falsari, ipocriti, truffaldini, corrotti e demoni prediligono altre riflessioni.

Ed inoltre. L’uomo fuori moda è fuori dal tempo. Per questo appare controcorrente a chi è trascinato dal ticchettio incessante degli orologi di precisione del sistema operativo, che dettano la legge del momento, mortificando la vita in nome dell’asservimento al primato della téchne, nell’abusiva elevazione di quest’ultima, dal suo ruolo ancillare e strumentale, a quello che invece appartiene ad una oggi espropriata e violentata sophia, che la sovraintende (dovrebbe), permeandola di senso, finalità e dirigendola verso un orizzonte etico, sempre che si voglia rimanere in un mondo umanamente orientato, piuttosto che accettare un paradiso disumanizzante, dove non solo dio è morto, ma anche l’uomo che, uccidendolo, si è suicidato.

Ed ancora. L’uomo fuori moda non è né capitalista né marxista, né di destra né di sinistra, né fascista né comunista (né “grillino”, sic!). E non è neppure qualunquista o indifferente, ma avversa la banalità, l’ultima vulgata, la diceria dell’untore, la parola avvelenata, di chi semina zizzania perché non ha talenti, nessuna freccia al proprio arco, nessuna speranza di vincere secondo lealtà, correttezza e dignità, ma solo la certezza di soccombere al cospetto della giustizia e della verità, queste che non appartengono né alle asfittiche aule dei tribunali né alla storia che è sempre scritta dai più forti e mai da chi ha ragione, invece connaturate con l’intimo essere di chi ha vissuto, veramente, combattendo sino alla fine la sua battaglia.

E, quindi, infine. L’uomo fuori moda non è né onesto né disonesto, né moralista né lassista, né garantista né giustizialista, per definizione. Soltanto che non ha svenduto la facoltà di discernimento, di giudizio critico, non ha spaccato la ragione dal sentimento, non ha rinunciato a ciò che milioni di anni di evoluzione genetica gli hanno consentito di essere, rendendosi indisponibile all’orgia demoniaca dell’avere, del possesso materiale sfrenato, della mercificazione indegna di sé stesso e dei suoi simili, della mortificazione della sua ed altrui intelligenza, competenza, dignità, della deprivazione della libertà di uno, ossia di tutti. Ma, in una parola, l’uomo fuori moda è colui che è rimasto, al di là di tutto e tutti, un uomo.

(20/10/2019)

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