Chi fermerà il “fascismo”?

di Salvatore Fiorentino © 2022

La corsa verso il 25 settembre – in cui il Colle più alto, dopo tanta (eccessiva) prudenza, incassata la rielezione tanto rifuggita in pubblico quanto agognata in animo, ha precipitato l’Italia, costringendo forze politiche e cittadini entro una inusuale e certo inopportuna campagna elettorale d’agosto – procede senza freni calcando il cliché di un insensato “antifascismo” propugnato da chi ha negli ultimi anni assunto posizioni oggettivamente “antidemocratiche”, “antisociali” e “anticostituzionali”, ossia il novero delle forze sedicenti progressiste, ambientaliste ed europeiste, in verità asservite allo strapotere della finanza speculativa e parassitaria nel misero tornaconto di avere garantito il potere anche senza il consenso popolare, con giochi e artifizi di palazzo, che tuttavia hanno ormai denunciato il respiro corto, nelle asfittiche e venefiche stanze di chi trama ma trema, consapevole della labilità di una costruzione fondata sulle sabbie mobili della menzogna e dell’inganno.

Se persino il Quirinale lascia trapelare segni di irrequietezza, siamo arrivati a fine corsa. Sergio Mattarella, da autentico democristiano d’annata (ad esaurimento), non sarà mai disponibile a lasciare sui libri di storia pagine che non siano intonse e rispettose della Costituzione. Motivo per cui, seppur a denti stretti come Scalfaro con Berlusconi nel 1994, dovrà prendere atto del responso delle urne (ormai scontato e schiacciante) ed incaricare nel ruolo di presidente del consiglio dei ministri, per la prima volta nella storia della Repubblica, una donna, e per di più una esponente del partito dei post fascisti, laddove la fiamma missina arde ancora, diversamente dalla falce e martello frettolosamente rimossi dal simbolo dei furono Democratici di Sinistra, oggi quelli del sedicente Partito Democratico, di nome ma non di fatto. La sfida del 25 settembre, che pare un nuovo 25 aprile, potrebbe liberare l’Italia dalla cappa di un “democraticismo” falso ed ipocrita.

La classe operaia, quella che costituisce le fondamenta dell’edificio sociale, senza la quale non esistono élite culturali né classi dirigenti di ogni sorta, sensibile sismografo della realtà della vita vissuta e non rappresentata nei salotti radical o liberal chic, ha già capito tutto, ossia che la sinistra odierna (M5S ultimo e compreso) è in verità la vera destra (antipopolare) dei nostri tempi, così come lo è il sindacato di marca CGIL, il più vicino ai poteri forti rappresentati dai “mangiafuoco” alla Draghi (domani Cottarelli, dopodomani chissà) sino al punto da elemosinare uno strapuntino alla tavola (quanto mai imbandita di ogni prelibatezza) del potere, nell’illusione malcelata di poter co-gestire questa moderna cornucopia, ambizione che tradisce una cronica sindrome patologica per una forza che deve essere “sindacale” e non “politica” per istituto, ossia controparte della seconda e non “compagna di merenda”, con i capi sindacali ricompensati col seggio in parlamento.

Come si può dimenticare che la sinistra, M5S compreso – che oggi si straccia le vesti ma ha sostenuto sino alla fine il peggiore dei governi possibili, quello della svolta autoritaria, ma non autorevole di Mario Draghi – abbia consentito la più nefasta ed ingiusta discriminazione dei lavoratori mai vista nell’epoca repubblicana, ossia il divieto di lavorare senza essersi sottoposti ad un trattamento sanitario obbligatorio privo di ogni crisma di legittimità costituzionale (come sta, alla fine, emergendo, nel silenzio dei media asserviti) nonché di ogni effettiva efficacia e quindi utilità per la garantire la salute pubblica? Come dimenticare che medici che osservavano scrupolosamente il loro imprescindibile giuramento (di Ippocrate) siano stati vessati, pubblicamente derisi e umiliati, talvolta perseguitati e persino radiati dai rispettivi ordini professionali? E come dimenticare i milioni di lavoratori anche impiegati in settori essenziali (sanità e forze dell’ordine) forzosamente sospesi?

Solo per un aspetto la destra meloniana (che per altri versi fa rima con la sinistra francese melénchoniana) è stata costretta a soccombere al tiro al bersaglio delle forze del “regime democratico”, questo si effettivamente “fascista”: sulla questione atlantica e della guerra in Ucraina, per la quale non si è mostrato il necessario coraggio di dire la verità, ossia che sia le sanzioni economiche che l’invio di materiale bellico sarebbero state una pericolosa (e oggi se ne ha prova evidente) arma a doppio taglio per quegli interessi nazionali che il partito dei “Fratelli d’Italia” ritiene di dover e poter rappresentare e difendere con l’orgoglio intinto nelle note di un patriottismo antico e retorico quanto si vuole, ma che necessita quanto mai oggi al tempo di un “democraticismo” servile e prono ai poteri finanziari extranazionali e persino extraeuropei. E non vorremmo certo che, per quella che Hegel definiva la “astuzia della Ragione”, siano i “post fascisti” a salvare l’Europa dal “neo-fascismo” dei “democratici”.

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