Draghi e il Conte di Montecristo

di Salvatore Fiorentino © 2021

Come non ricordare la parabola di Edmond Dantès e dei suoi perfidi detrattori? La vulgata, che in quanto tale scorre sottotraccia, ci informa che l’ora del Conte, inteso come attuale presidente del consiglio dei ministri, volge al tramonto. Qualcuno, per la verità più d’uno, trama per rispedirlo alle sue attività precedenti, quelle di avvocato e professore di diritto. Così come nel romanzo di Dumas, il movente di una siffatta variegata umanità è l’invidia. Invidia politica, innanzi tutto. E’ facile capire come “professionisti” della politica, dai più scafati ai novellini, ossia dai Salvini e le Meloni ai Di Maio e i Fico, non sopportino la ormai costante ascesa di Giuseppe Conte nel gradimento politico della maggior parte dei cittadini.

Taluno, assunti i panni di un redivivo Danglars, ne auspica persino l’arresto, quale “fase 3” dell’attuale emergenza epidemiologica da “Covid-19”. Talaltro, che si pente di averlo perorato quale capo del governo “giallorosa”, ancorché pro domo sua, scalpita scompostamente dal basso del suo 2% scarso di consensi presso l’elettorato, tra proclami di lesa costituzionalità e assicurazioni di sostegno politico in parlamento. Del tutto coerente nella totale incoerenza. Questo coro di brigatori e mestatori senz’arte né parte comprende le grida indignate dei professionisti del culto religioso, che pretenderebbero di riaprire chiese e celebrazioni, non tanto in pena per le pecorelle rimaste senza guida, ma dal terrore di perdere ruolo e potere.

25 aprile 2020 – Il presidente della repubblica all’altare della patria

Ma così come si è rivelata emblematica la preghiera di Papa Francesco nella sterminata e deserta piazza San Pietro, con l’addensarsi di nubi ed il cielo squarciato dai lampi, altrettanto lo è sembrata l’ascesa solitaria all’altare della patria, ancorché salutata da un cielo nitido ed un sole tiepido, di un presidente della repubblica che porta sulle spalle un vissuto personale doloroso, oltre alla responsabilità di un paese colpito al cuore non tanto dal virus quanto dalla spietatezza mostrata dai governanti di una Europa ancora più matrigna che madre, predilettrice alcuni dei suoi figli a scapito degli altri, discriminando per atavico e genetico pregiudizio razzista i popoli mediterranei, tra cui sembra salvarsi, per metà, solo la Francia.

Sicché il Belpaese ha infine trovato in queste tre figure, Bergoglio, Mattarella e Conte, dei punti di riferimento che si dirigono controcorrente rispetto alle tendenze dominanti di matrice ipercapitalista ed antisociale, invocando e battendosi perché sia affermato il senso di comunità, di solidarietà, perché sia rimesso al centro l’uomo rispetto al profitto, nella conclamata consapevolezza, oggi dimostrata dai fatti, che quest’ultimo, se privato della radice umana, non può che comportare la distruzione dell’ambiente naturale, con conseguenze nefaste, come quelle che si stanno vivendo in modo drammatico, con una contabilità dei morti inarrestabile e la privazione di ogni attività, che è il prezzo per gli abusi commessi.

Gente di malafede – e purtroppo anche di buona fede – perseverando nell’errore, si illude di trarre vantaggio dalle disgrazie collettive, auspicando l’ascesa di un personaggio che ha rappresentato la quintessenza della spregiudicatezza di quel cancrenoso mondo ipercapitalistico e antisociale, l’ex presidente della BCE Mario Draghi, di cui ricorre il nome tra i beninformati, quale premier in un tanto inquietante quanto fantomatico “governissimo”. Draghi è arso da sete di vendetta verso la “Troika” e l’establishment eurocratico in genere, per esserne stato defenestrato, per motivi che rimangono oscuri. Ma non consumerà mai la sua rivalsa nell’interesse degli italiani, semmai per tentare di rientrare nel “gioco grande”.

(28 aprile 2020)

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