di Salvatore Fiorentino © 2021
Caltanissetta non si può definire “porto delle nebbie” per un semplice fatto geografico: si tratta di una piccola città dell’entroterra siciliano, tra i capoluoghi dell’Isola fanalini di coda con poco più di 60.000 abitanti, collocata ad oltre 600 mt sul livello del mare. Eppure sulla piccola procura della repubblica che vi ha sede viene scaricato, periodicamente, un peso difficilmente sostenibile, che deriva dalla competenza territoriale ad indagare sul distretto di Palermo, quando siano coinvolti i magistrati di uno dei più delicati uffici giudiziari italiani. Come se ciò non bastasse, in provincia di Caltanissetta, e precisamente in quel di Serradifalco, paesino collinare, aveva sede la centrale del famigerato “sistema Montante”.
Nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2017 ignoti accedono, senza lasciare segni di effrazione, nell’ufficio dell’allora procuratore aggiunto Lia Sava, oggi procuratore generale sempre a Caltanissetta, che stava svolgendo indagini delicatissime, tra cui quelle sul “sistema Montante”. Il magistrato si accorge il giorno dopo che il pc è acceso e che qualche oggetto è stato spostato. Più che un tentativo di sottrarre documenti o informazioni, sembra un avvertimento, da parte di chi ostenta la capacità di introdursi senza difficoltà nel cuore degli uffici giudiziari della piccola procura nissena, probabilmente essendo a conoscenza delle indagini che vi si stanno svolgendo. Sospettare di emissari del “sistema Montante” è lecito.
L’ 11 ottobre 2018 appare sulla stampa la notizia di una lettera minatoria, trasmessa con una busta contenente un proiettile, indirizzata al procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone, busta che segue di alcuni giorni quella inviata, senza lettera ma solo con un proiettile, al presidente della Commissione antimafia Claudio Fava, anch’egli impegnato ad indagare sul “caso Montante”. Dopo alcuni giorni, il 23 ottobre, si apprende che un’analoga intimidazione ha raggiunto la dirigente della Squadra Mobile di Caltanissetta, Marzia Giustolisi, il cui lavoro d’indagine si era dimostrato prezioso per fare emergere le dinamiche del suddetto “sistema Montante”. Coincidenze, gesto di un mitomane, oppure c’è una regia?
Il 16 ottobre 2018 appare su “La Repubblica” la notizia di un fatto che tanti si attendevano, ma che pochissimi pensavano di leggere su un quotidiano: secondo quanto riferito da Salvo Palazzolo, nell’indagine sul “sistema Montante” sarebbe coinvolto, per associazione per delinquere, anche l’ex senatore antimafioso Beppe Lumia, ritenuto il “padrino politico” di Antonello Montante e, per quanto riferito dall’ex assessore regionale ai rifiuti Nicolò Marino, il vero dominus del sistema dei rifiuti nell’Isola, con particolare riferimento alla controversa questione delle grandi discariche, che sarebbero state beneficiate da illegittimi provvedimenti di proroga e ampliamento emessi al tempo del governo Crocetta. La notizia cade nell’oblio.
Il 29 maggio 2019 appare sulla stampa la notizia che al GIP di Caltanissetta che si occupa del “caso Montante” viene assegnata la scorta, a seguito di un “quadro generale che emerge dalle intercettazioni”, per decisione del comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico. Il 18 ottobre 2019 si apprende che un pm della procura nissena e il procuratore generale Lia Sava chiedono di non prendere parte ai procedimenti sul “caso Montante” e pertanto vengono esonerati. I termini per l’indagine sull’ex senatore Lumia sarebbero quindi scaduti, eppure ad oggi non si ha notizia né di un’archiviazione né di una richiesta di rinvio a giudizio. Ma ciò che inquieta è il fatto che nessuno, la stampa in primis, sembra più occuparsene.
(23 febbraio 2020)