di Salvatore Fiorentino © 2021
Sembra venuta giù una valanga. Quella delle accuse che, in modo sempre più qualificato e circostanziato, puntano il dito verso l’ex senatore Giuseppe Lumia, per cinque legislature (dal 1996 al 2018) ininterrottamente componente (presidente dal 2000 al 2001) della “Commisione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie”, divenuto l’emblema di quell’antimafia di propaganda e di potere tuttavia svuotata di contenuti ed azioni effettive. Qualcuno, tra gli addetti ai lavori, nelle conversazioni private, non lesina commenti critici verso “quei magistrati amici” dell’ex senatore di Termini Imerese, che adesso difficilmente potranno difenderlo come è verosimilmente avvenuto in passato, un passato a tinte oscure dove il paladino della “legalità & sviluppo”, per quello che ci consegnano le cronache, è stato lambito da diversi casi giudiziari, tra cui quello relativo al “sistema Montante”, riuscendone sino ad oggi sempre indenne, anche se ciò non ha mancato di destare crescenti perplessità. Così come nessuno, ad un certo punto, ha potuto difendere l’ex paladino dell’antimafia, condannato a 14 anni di reclusione, dopo una mirabolante ascesa sino ai sommi vertici delle istituzioni, guadagnandosi la fiducia persino di ministri e presidenti della repubblica. E se per un verso appare ormai assodato che Lumia sia stato il dominus di un sistema di potere accentrato e accentratore, per altro verso sembra non essersi compreso del tutto che siffatto sistema è ancora vivo e vegeto nelle sue ramificazioni capillari che si sono radicate nei più reconditi ambiti territoriali siciliani, “infiltrando” o “sciogliendo” gli enti locali.
L’arma impropria della “legalità”
Su questo dualismo, accentramento e ramificazione, si è declinato l’esercizio di un potere che ha brandito la “legalità” come un’arma impropria, spesso solo minacciata ma alla bisogna adoperata per rimuovere ogni ostacolo politico-amministrativo al conseguimento di “obiettivi” economico-imprenditoriali di ogni dimensione e natura, talvolta persino prendendo posizione al fianco di soggetti ritenuti vicini alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, con la scusante di volerli condurre entro “percorsi di legalità”, come se per ciò bastasse la parola del politico “antimafioso”, la sua garanzia. Una sorta di benedizione che i fatti hanno presto smentito, allorquando le aziende “raccomandate” da questa antimafia sui generis accusavano rovinose ricadute nelle spire del malaffare, con tutto un florilegio di sequestri giudiziari, misure di prevenzione, interdittive prefettizie. Chiunque si fosse opposto a questo sistema deviato era destinato presto o tardi a divenire un bersaglio da colpire, un nemico da abbattere, un ostacolo da rimuovere. Si metteva in moto la macchina della delegittimazione pubblica, con campagne mediatiche orchestrate ad arte, con l’isolamento e l’allontanamento di tutti coloro che non fossero arruolabili o coartabili, oltre che con l’uso strumentale degli esposti (spesso anonimi) e delle denunce, mescolando abilmente mezze verità ed integrali falsità, anche con lo scopo di far avviare procedimenti nelle sedi giudiziarie, confidando nei tempi lunghi della “giustizia”, durante i quali guadagnare tutto lo spazio necessario per mettere a frutto i propri disegni egemonici.
Il retroscena politico-giudiziario
E’ questo il quadro che era andato intravedendosi da almeno un decennio, quale risultato di una composizione logica e cronologica di episodi sempre più numerosi, ossia da quando Lumia si ritagliava il ruolo di deus ex machina del governo regionale con cui l’allora governatore Lombardo sanciva la frattura con il centrodestra siciliano nella consumazione di un matrimonio di interessi con il centrosinistra (al netto di chi, come Enzo Bianco ed altri, intratteneva solidi legami, “cementificati” da comuni obiettivi, con l’altra sponda capeggiata da Giuseppe Firrarello), presentandosi alla ribalta come l’homo novus dell’Autonomia, rinnegando i percorsi politici e le fraterne vicinanze con l’ormai decaduto Totò “vasa vasa” Cuffaro, agognando una giunta regionale che fosse la quintessenza della “legalità”, per ciò reclutando magistrati dai nomi anche altisonanti come Caterina Chinnici e Massimo Russo. Si veniva così a realizzare una invincibile “joint venture” tra il “clientelismo industriale” di Lombardo e l’ “antimafia di potere” di Lumia, tuttavia destinata ad interrompersi prematuramente a causa dell’emersione di rapporti dello stesso Lombardo con ambienti della criminalità mafiosa, e ciò nonostante le credenziali “antimafiose” acquisite in dote e l’indirizzo della procura di Catania per l’archiviazione di ogni addebito, ma infine non condiviso dai magistrati giudicanti. Da qui l’invenzione della controfigura di Rosario “Saro da Gela” Crocetta, antimafioso certificato, grazie alla quale, Lumia potrà finalmente sedersi, di fatto, sullo scranno di presidente della regione siciliana.
La facciata della “antimafia”
L’ultima relazione approvata dalla Commissione regionale antimafia, presieduta da Claudio Fava, che ha per oggetto l’indagine sul sistema dei rifiuti in Sicilia, offre degli squarci sconcertanti sull’effettivo ruolo rivestito, ancorché dietro le quinte, dall’ex senatore Lumia nei cinque anni del governo Crocetta. Un governo che, subentrato a quello di Lombardo ne mutua la facciata legalitaria ed antimafiosa, reclutando negli assessorati più delicati e controversi un magistrato, Nicolò Marino, noto per il suo impegno contro il malaffare politico-mafioso, e nientemeno che Lucia Borsellino. Peccato che, dopo poco più di un anno, Marino venga estromesso dal ruolo di assessore ai rifiuti, a seguito del rocambolesco incontro presso l’hotel Excelsior di Catania alla presenza di Lumia, Montante e Lo Bello, durante il quale Marino viene accusato di comportamenti “ostili” nei confronti della famiglia Catanzaro, titolare della grande discarica di Siculiana, pretendendosi un cambio di rotta negli indirizzi di un assessorato che veniva a toccare interessi dell’ordine di centinaia di milioni di euro nel settore degli impianti per lo smaltimento dei rifiuti. Dopo pochi mesi, sarà costretta a lasciare anche Lucia Borsellino, che si dimette da assessore alla salute con una nota in cui denuncia l’aggressione “all’istituzione e alla sua persona”. Ed altrettanto clamorose, subito dopo, appaiono le dimissioni dell’assessore all’agricoltura, l’avvocato Nino Caleca, già collaboratore di Pio La Torre, motivate dall’impossibilità di verificare che le erogazioni dei fondi comunitari non finiscano nelle mani della mafia.
Il modus operandi del “presidente” Lumia
Uno degli aspetti che risalta nella relazione che la Commissione antimafia regionale ha appena approvato, è l’interferenza posta in essere da Lumia durante il governo Crocetta, senza che l’ex senatore rivestisse alcun ruolo formale. Peraltro, non si tratta di una azione sviluppata sul piano politico, ma segnatamente su quello gestionale, con particolare riferimento al rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di varia natura, da quelli produttivi sino a quelli deputati all’abbancamento definitivo della mole dei rifiuti solidi urbani che quotidianamente vengono conferiti in Sicilia, di cui solo una parte, ancora ad oggi minoritaria, viene destinata al recupero e al riciclo, e ciò a causa di uno strutturale e gravissimo ritardo nella realizzazione della rete regionale delle apposite piattaforme, sia pubbliche che private, in esecuzione di una non dichiarata ma fattuale “volontà politica” consolidatasi da oltre vent’anni, sin dalla dichiarazione dello stato emergenziale avvenuta nel 1999 sotto l’allora governo Capodicasa (il primo ad essere guidato da un ex comunista). Ma stavolta non è solo l’ex assessore Marino a riferire delle ingerenze di Lumia, dato che ancora più esplicite appaiono le dichiarazioni rese da Marco Lupo, ex dirigente generale del dipartimento dei rifiuti, e da Vania Contraffatto, pm presso la procura di Palermo, che viene scelta per la successione a Marino dopo la breve ed interlocutoria parentesi di Calleri. Al di là del fatto che le sedute della giunta, con gli assessori costretti ad attendere per ore, fossero precedute da interminabili “summit” tra Crocetta e Lumia, emergono casi specifici.
La concessione all’Italkali e l’autorizzazione alla Cisma
La Contraffatto, seppur in concreto esautorata dalla gestione del suo assessorato, rimane in carica sino alla fine della legislatura. Audita dalla Commissione Fava, rivela alcuni episodi inquietanti: il primo riguarda la nomina dei dirigenti generali dei dipartimenti, scelti senza nemmeno consultarla e, a suo dire, asserviti a Crocetta e, quindi, a Lumia. Sino al punto che la stessa assessora, un bel giorno, ebbe a dire allo stesso Crocetta che “continuando su questa strada sarebbe andato a finire in prigione”. Una profezia forse non del tutto avventata visto che, finito il mandato, Crocetta è rimasto coinvolto in indagini delle procure di Palermo e Caltanissetta, per abuso d’ufficio, corruzione ed associazione a delinquere. In questo contesto matura il secondo episodio riferito alla Commissione: si tratta di una delibera per il rinnovo di una concessione a favore della società “Italkali”. A dire della Contraffatto, la delibera non venne mai messa all’ordine del giorno, salvo poi scoprirsi che di questa concessione, grazie ad una riapertura dei termini adottata su input del presidente (viene da dire: quale?), era stata beneficiata un’altra società di Termini Imerese, vicina all’ex senatore, sempre lui: Lumia. Infaticabile nelle questioni gestionali piuttosto che in quelle politiche, Lumia si occupa direttamente anche di un’autorizzazione per la “Cisma”, una discarica sita nel comune di Melilli, in provincia di Siracusa, gestita da un soggetto ritenuto vicino ad ambienti mafiosi. L’autorizzazione era stata denegata dall’allora dirigente Marco Lupo, per mancanza di requisiti. Lumia gli chiede conto e ragione. Così, Lupo va via dall’assessorato e la “Cisma” ottiene infine l’autorizzazione.
(18 aprile 2020)
“I LEGAMI DI LUMIA CON I RE DELLE DISCARICHE SICILIANE”
di Antonio Fraschilla
Una figura chiave dietro il governo Crocetta che si sarebbe interessata a pratiche scottanti in prima persona, a partire dalle autorizzazioni di alcune discariche private. Nelle centosettanta pagine della relazione della Commissione regionale antimafia guidata da Claudio Fava il nome dell’ex senatore Beppe Lumia compare quaranta volte. E a tirarlo in ballo sono due ex assessori, Nicolò Marino e Vania Contrafatto, e l’ex dirigente generale dei Rifiuti Marco Lupo. Proprio Lupo racconta la vicenda Cisma: la discarica di rifiuti speciali di Melilli (della famiglia Paratore poi indagata per mafia) autorizzata durante l’emergenza nel luglio 2016 ad accogliere rifiuti urbani. Pochi mesi prima Lupo si era opposto ad autorizzare questa discarica perché “mancava la Valutazione ambientale”: un documento fondamentale.
Dice Lupo: “Mandai indietro l’autorizzazione e a quel punto cominciarono tutta una serie di colloqui. Dico tranquillamente che me ne parlarono Crocetta e Lumia. Mi chiesero come mai avessi rimandato indietro l’autorizzazione”. Fava domanda: “Il presidente Crocetta e Lumia le dissero esplicitamente che erano stati contattati dalla famiglia Paratore?” Lupo risponde: “Lumia sì, nel senso che non c’era bisogno che me lo dicesse perché quando mi chiamò per parlarne, lì con lui c’era il titolare dell’impianto, Paratore. Lumia mi disse se quando andavo a Roma glielo facevo sapere … Quando sono andato a Roma, al bar Sant’Eustachio, arrivai un po’ prima, mi sedetti e girandomi vidi che c’era Paratore, quindi gli dissi ‘lei per caso sta aspettando il senatore Lumia?’, disse: ‘sì’. Paratore sosteneva che loro la V.I.A. l’avevano già avuta all’atto della prima autorizzazione e io feci presente a tutti e due (Lumia e Paratore, ndr) che secondo me non era così. La cosa che mi allarmò è che, dopo questi passaggi, arrivarono dei periti nominati dalla procura di Siracusa … andarono dal mio dirigente Patella e gli fecero capire che io ero indagato perché non volevo rilasciare le autorizzazioni …”.
Andato via Lupo, la Cisma otterrà l’autorizzazione. La procura di Siracusa finirà nell’occhio del ciclone per il sistema Amara-Calafiore e la corruzione dei giudici.
A tirare in ballo Lumia è anche l’ex assessora ai Rifiuti Vania Contrafatto: “Crocetta mi esautorò del tutto … veniva in assessorato e si andava a sedere al decimo piano nella stanza del dirigente generale e lì faceva le riunioni… Una di queste volte mi telefona il mio capo di gabinetto e mi dice: ‘Guarda che sopra, oltre a Crocetta, c’è pure il senatore Lumia, nella stanza del dirigente Pirillo’. E dico: ‘E che ci sta a fare?'”.
L’ex assessore Nicolò Marino ha poi ribadito che a presentargli Giuseppe Catanzaro, ex presidente di Confindustria e patron insieme ai suoi fratelli della discarica di Siculiana, sia stato Lumia. Racconta Marino in merito all’avvio della revoca di una serie di autorizzazioni: “Con Lumia più volte se ne parlò … conobbi Catanzaro perché me lo presentò Lumia … contestai a Lumia più volte questa sua posizione di vicinanza a Catanzaro, anzi fui anche più duro perché feci riferimento ad elementi che in qualche modo meritavano un’attenzione della Procura antimafia di Palermo, e Lumia disse ‘ma che vuoi? All’inizio, sai, tutti questi imprenditori erano in qualche modo vicini’… “.
Nella relazione si fa riferimento allo scioglimento per mafia del Comune di Scicli: “Vi sono casi in cui lo scioglimento di Comuni sia stato “forzato” per far fuori amministratori che non si sono adattati alla anomalie della gestione dei rifiuti”, dice Fava. A Scicli lo scioglimento avvenne dopo una interrogazione di Lumia e una campagna di stampa del giornalista Paolo Borrometi. “Secondo il tribunale però non si sarebbe dovuto fare nemmeno il processo per quei fatti ” , dice Fava. Lumia replica così: “Non capisco perché non sia stato convocato dalla commissione – dice – io mi sono sempre battuto per la discariche pubbliche e non ho incontrato dirigenti per sostenere una pratica. Mi dispiace che venga ancora tirato in ballo senza alcun motivo, come fatto in passato”. Il riferimento è all’altra relazione della commissione, quella sul sistema Montante.
[articolo apparso su “La Repubblica”, 17 aprile 2020]
QUEI DIALOGHI CHE ACCUSANO LUMIA: “IL PUPARO E’ LUI”
di Antonio Fraschilla
“Schizzi di fango, querelerò”. Il senatore Beppe Lumia mette le mani avanti. Dalle carte che hanno portato all’arresto dell’ex capo di Confindustria, da lui fin dall’inizio sponsorizzato, la sua figura emerge come quella di dominus della Regione non solo sul fronte politico. I suoi accusatori, da Marco Venturi e Alfonso Cicero agli ex assessori Gaetano Armao e Nicolò Marino, ai magistrati hanno raccontato di pressioni per far avere finanziamenti a imprese o per evitarne guai, di richieste di soldi per la campagna elettorale di Crocetta “anche in nero” e di un ruolo chiave dietro le quinte di Palazzo d’Orleans negli ultimi cinque anni, con riunioni da lui stesso convocate. Insomma, il vero padrone della Regione, molto più di Crocetta. Dichiarazioni, messe a verbale dai magistrati, che lo mettono in imbarazzo: “Nonostante io sia estraneo all’indagine giudiziaria, non mancano gli schizzi di fango — dice — succede spesso, ma per quanto mi riguarda reagirò con tutta la fermezza possibile”.
Tra i suoi grandi accusatori c’è l’ex numero due di Confindustria Sicilia, Marco Venturi. I pm scrivono di una richiesta “del Lumia al Venturi per parlare con Alfonso Cicero (allora alla guida delle ex Asi, ndr) e chiedergli di revocare un provvedimento di interdittiva a danno di un imprenditore agrigentino”. Lumia non voleva che si revocasse un lotto dell’ex Asi all’imprenditore. Scrivono ancora i pm della “richiesta da parte del Lumia al Venturi di finanziamento in nero della campagna elettorale di Crocetta e conseguente ira del Montante per il rifiuto opposto dal Venturi”.
Dalle carte emerge anche un Lumia che si interessa di grandi appalti e finanziamenti. “A titolo esemplificativo — dice Marino — circa l’influenza di Lumia sull’operato di Crocetta, posso citare la vicenda relativa alla cooperativa Agroverde che aveva presentato un progetto per l’utilizzo del fotovoltaico al fine della coltivazione e produzione agricola a Gela … mi risulta che in più di qualche occasione il Crocetta e il Lumia abbiano sollecitato, anche per mio tramite, il dirigente Pirillo affinché rilasciasse celermente la relativa autorizzazione”. Marino parla di incontri con Lumia sul progetto Agroverde: “Ricordo in particolare una riunione avvenuta a Palazzo dei Normanni convocata da Lumia alla quale presenziarono Stefano Italiano ed Emanuele Mondello e, con mia enorme sorpresa, anche Fabrizio Lisciandra, del quale conoscevo i trascorsi giudiziari”.
Incontri con imprenditori interessati ad avere autorizzazioni e finanziamenti della Regione. Come quelli raccontati da Gaetano Armao sulla vicenda dell’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese ai tempi del governo Lombardo. Montante e Lumia avrebbero sponsorizzato l’azienda di Massimo Di Risio per fargli avere anche un finanziamento dell’Irfis da 20 milioni. Armao si mise di traverso: “L’operazione fu conseguentemente bloccata — dice ai pm Armao — e il senatore Pistorio mi riferì che Lumia e Montante erano “imbestialiti” per la mia iniziativa; ritengo anche che costoro si fossero recati dal presidente Lombardo per sollecitarne il buon esito … Da quel momento in poi il senatore Lumia mi fu apertamente ostile e ricordo anche di essere stato a cena a Roma all‘Assunta Madre, col Di Risio … il quale si mostrava in soggezione nei confronti dello stesso Lumia”.
L’imprenditore Massimo Romano finito agli arresti, sodale di Montante, racconta addirittura di una strana richiesta di Lumia. Scrivono i pm: “Il senatore Lumia voleva “estorcergli” una dichiarazione con la quale ammettesse di aver ricevuto richieste estorsive “per poi farlo diventare presidente dell’Antimafia”».
Lumia su Facebook si sfoga: “Trovo gravissimo sostenere che io abbia agito a favore di un’azienda che non ho mai conosciuto né sentito nominare. Il mio modo di pensare e di agire è tutto all’opposto. Anche sul finanziamento a Crocetta si sono dette frasi diffamatorie nei miei confronti per le quali in sede legale chiederò conto”.
Dalle carte l’immagine del senatore è quella di un uomo potente. O per lo meno lo è per molti. Intercettato, Francesco Beneduce — ex rettore dell’Istituto Gonzaga di Palermo, parlando con Angelo Cuva dice: “Senti, ma il puparo, il puparo che sta dietro è sempre Lumia”.
[articolo apparso su “La Repubblica”, 16 maggio 2018]