di Salvatore Fiorentino © 2021
Mentre la nave sta affondando, uno dopo l’altro i magnifici rettori scappano. Si salvi chi può. C’è chi si dimette dalla carica, chi chiede il prepensionamento, chi si defila dalle ribalte accademiche. Arriva uno stentoreo comunicato alla stampa, per dire, ma non sembrano crederci pure loro, che l’università non è una associazione per delinquere, perché se è vero che la questione dei concorsi è un problema, le cause vanno ricondotte alla riforma Gelmini. Per la verità, si dovrebbe andare più indietro, sino alla riforma Berlinguer, che ha consentito il criterio del “cretino locale”, in nome di una falsa autonomia degli atenei, che ha finito per produrre triangolazioni tra sedi diverse, cordate elettorali, e scambi di favori e di posti.
Chi era stato “bocciato”, ed anche più volte, quando i concorsi erano nazionali, un minuto dopo la riforma Berlinguer ha iniziato a volare. Da asino certificato, senza arte né titoli, improvvisamente si è tramutato in un cavallo alato, che ha scalato le tappe, bruciandole. Adesso si capisce a che prezzo per la comunità, per il futuro dei giovani, per le prospettive di sviluppo del territorio, dato che ogni ateneo rappresenta un motore propulsivo fondamentale se riesce a svolgere correttamente la propria funzione sociale, culturale ed economica, aprendosi alla collettività, in tutte le sue componenti, piuttosto che divenire una corte a capo di un sistema feudale dove consumare intrighi e lotte intestine parassitarie e depauperanti.
E’ accaduto che si venisse rinchiusi nell’ufficio del preside di turno, per subire delle chiare minacce, però fatte con bonaria perfidia: “Perché hai presentato la domanda? Questo non è il tuo concorso. Non ti puoi mettere contro la figlia di un collega, hai fatto una cosa grave. Non ha i titoli? E cosa importa! Mica si diventa professori per merito, lo decidiamo noi chi diventa professore, ancora non lo vuoi capire? Allora, se non lo capisci, te lo facciamo capire. Mi dicono che nel dottorato il tuo tutor non è molto soddisfatto del lavoro svolto. Addirittura si vuole dimettere! Come fai senza tutor? Non potrai finire il dottorato così. Te lo dico da fratello maggiore, vai a ritirare la domanda! Tanto non lo vincerai mai il posto”.
Ed è accaduto, anche, che si venisse avvicinati dal direttore del dipartimento del tempo, che rincarava la dose di minacce, stavolta nella forma di “paternale”: “Il preside non ti sostiene, quindi non hai speranze nel concorso, devi ritirarti, te lo dico come un padre. Magari penserai che siamo ‘mafiosi’, pensalo pure tanto è così che vanno le cose. Tu non le puoi certo cambiare, è così che si fa. Anzi, ti abbiamo dato il dottorato, che non era previsto, ma solo perché i nostri raccomandati hanno fatto un pessimo esame, ed il presidente della commissione era un vecchio d’altri tempi del nord Italia, ora è andato in pensione. Diceva che non potevamo bocciarti se promuovevamo i nostri. Quindi già sei stato fortunato”.
Oggi gli asini volanti cadono dalle nuvole, perché finalmente c’è una procura della repubblica che ha scoperto l’acqua calda. C’è un procuratore che non ha parenti in carriera nell’accademia, che non frequenta salotti mondani cittadini, dove i potenti fanno le fusa tra di loro, per perpetuare un sistema feudale, basato sulla presunzione di essere élite, sulla tradizione ed il blasone. Un sistema parassitario che finisce per autodistruggersi, perché il suo sangue, la sua linfa, si impoveriscono, si diluiscono sino a divenire senza sostanza, senza forza, senza intelligenza, producendo una classe dirigente priva di midollo spinale, invertebrata, e per questo sempre più disposta ad inchinarsi, a piegarsi, ad anelare la morte.
(5 luglio 2019)